Luisa Gonzalez, Reuters|/Contrasto

Il 4 maggio la Colombia ha vissuto una giornata di proteste violente, le più gravi da quando alla fine di aprile sono cominciate le manifestazioni contro il governo di Iván Duque e il suo progetto di riforma fiscale. La riforma, che secondo alcuni avrebbe colpito soprattutto la classe media già in difficoltà per la crisi economica, è stata ritirata il 2 maggio e il ministro delle finanze Alberto Carrasquilla si è dimesso. Ma le manifestazioni sono proseguite. Negli scontri sono morte almeno venti persone e centinaia sono rimaste ferite. Le Nazioni Unite e l’ong Human rights watch hanno condannato l’uso sproporzionato della forza da parte dell’esercito e della polizia. Secondo El Espectador, “la militarizzazione delle strade e la repressione non sono la soluzione. Anzi, non fanno altro che gettare benzina sul fuoco accrescendo la rabbia dei manifestanti. L’unico modo per fermare la violenza è aprire un dialogo con tutti i partiti politici e i movimenti”.

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Questo articolo è uscito sul numero 1408 di Internazionale, a pagina 34. Compra questo numero | Abbonati