Davanti alle grandi manifestazioni nelle città russe e alle forti proteste internazionali, il presidente Vladimir Putin ha allentato la persecuzione nei confronti di Alexej Navalnyj. Il leader dell’opposizione, in carcere da gennaio, è stato trasferito in ospedale e ha interrotto il suo sciopero della fame. Ma le autorità russe sono ancora decise a schiacciare il movimento di Navalnyj e stanno per adottare le misure più repressive dal crollo dell’Unione Sovietica.

Il 26 aprile un tribunale di Mosca ha accolto la richiesta di un procuratore di sospendere le attività del quartier generale di Navalnyj e di altri quaranta sedi regionali del suo movimento. Il prossimo passo sarà probabilmente quello di designare ufficialmente il movimento come “estremista”, equiparandolo così ad Al Qaeda e ad altre organizzazioni terroristiche. Centinaia di attivisti potrebbero essere condannati a pene tra sei e dieci anni di carcere, e anche chi versa denaro, condivide contenuti, firma petizioni o lavora nelle campagne elettorali locali rischierebbe di finire in prigione. Il motivo per cui Putin ha deciso di ricorrere a queste misure è stato spiegato dalla pubblica accusa in tribunale. Il procuratore ha citato le inchieste di Navalnyj sulla corruzione, le grandi manifestazioni e il coordinamento tra i candidati dell’opposizione, che in alcuni casi ha prodotto risultati imbarazzanti per il partito di Putin.

Le azioni di Navalnyj non hanno nulla di violento. Ma il Cremlino non può tollerare il dissenso pacifico, perché teme che possa innescare una delle “rivoluzioni colorate” che hanno fatto cadere i dittatori in Ucraina, Georgia e altre repubbliche ex sovietiche. Navalnyj ha portato alla luce e messo in pericolo l’appropriazione delle risorse da parte di Putin e della sua cerchia, su cui si basa il sistema di potere russo. Nel 2020 Putin ha cercato di ucciderlo mandando degli agenti segreti a cospargere la sua biancheria di veleno. Ora tenta di intimidire i russi per allontanarli dal movimento, minacciandoli con la prigione. Se anche questa tattica fallirà, gli resteranno poche carte da giocare. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1407 di Internazionale, a pagina 15. Compra questo numero | Abbonati