Adania Shibli (La Nave di Teseo)

Nel terzo romanzo di Adania Shibli, una giovane araba è violentata e uccisa dalle truppe israeliane nel 1949. La difficoltà di rappresentare l’atrocità è al centro di una narrazione molto sofisticata che esplora spietatamente i limiti dell’empatia e del desiderio di raddrizzare torti storici dando voce a chi non ha voce. Shibli, scrittrice palestinese che vive a Berlino, comincia con il racconto di un plotone israeliano che si accampa nel deserto al confine con l’Egitto. I lunghi giorni privi di eventi sono interrotti quando una pattuglia s’imbatte in un gruppo di nomadi e li uccide all’istante. Concentrandosi sull’azione, senza spazio per i pensieri, i sentimenti e nemmeno per i nomi, la narrazione in terza persona è ancorata al punto di vista dell’ufficiale in carica. Gli eventi sono registrati minuziosamente ma senza emozione, anche quando l’ufficiale cattura l’unica sopravvissuta, una giovane donna, e la riporta al campo. A metà strada, il romanzo cambia tono e ci presenta la testimonianza in prima persona di una donna (anche lei senza nome) nervosa e insonne nella Ramallah di oggi. Ossessionata da un articolo di giornale su quei crimini israeliani, non riesce a scrollarsi di dosso l’idea di trovare un modo per raccontare la storia dal punto di vista della vittima. Un progetto che la porta a intraprendere un rischioso viaggio in automobile verso sud, attraverso villaggi distrutti, verso una meta ben al di là della zona consentita dalla sua carta d’identità. L’interesse di questa parte del romanzo risiede anche nel suo ritratto della vita quotidiana sotto l’occupazione. Il viaggio procede con una deviazione e una falsa pista ma solo per approdare a una brusca interruzione. Un ruolo chiave qui è giocato da un pacchetto di gomme da masticare, e questo “dettaglio minore” dà al titolo del libro il sapore di uno scherzo crudele. Il romanzo mette in dubbio l’impresa della narratrice, che sembra addirittura donchisciottesca o, a tratti, semplicemente capricciosa. Alla fine, l’unica visione che abbiamo della storia proviene dal punto di vista del colpevole, indifferente in modo agghiacciante. Anthony Cummins, The Guardian

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Questo articolo è uscito sul numero 1406 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati