Come raccontare oggi la guerra? Ci sono molte cose di cui tenere conto, soprattutto se sei uno scrittore. C’è il problema della scala: sia i dettagli sia i grandi affreschi d’insieme devono essere equilibrati e accurati. C’è poi il problema della bellezza: la narrazione delle guerre tende da sempre alla grandiosità e al “sublime”, eppure oggi ci può sembrare ridicolo e offensivo descrivere una battaglia con toni estetizzanti. Non devi adottare un tono gridato o propagandistico. Non devi essere troppo astratto né troppo realistico. Non devi soccombere alla tentazione dello stile da fumetto. E poi, cosa fare con le donne? Nelle narrazioni antiche e moderne le donne sono di solito infermiere o vittime di stupro, l’ombra incancellabile della guerra. Raramente sono raffigurate come guerriere. Il nuovo poeticissimo romanzo di Maaza Mengiste, Il re ombra, ambientato durante la guerra dell’Italia contro l’Etiopia nel 1935, trova un modo per risolvere questo rompicapo. Non cerca un sentiero tra le strettoie di questi dilemmi etici e artistici, ma li ingloba con tutte le loro contraddizioni, giustapponendoli con incredibile maestria. E la questione delle donne in guerra diventa il cuore del romanzo, che ha per protagonista Hirut, una giovane donna etiope che da serva diventa una fiera combattente. Non c’è traccia di umorismo in questo libro; la risata è amara, sarcastica, folle e, solo una volta, felice. Man mano che emergono riferimenti alla letteratura greca antica, capiamo la ragione delle scelte poetiche di Maaza Mengiste, che tende alla semplicità e al registro sublime. Ci sono allusioni all’Iliade e reminiscenze del mito di Icaro e Dedalo nel momento in cui gli etiopi prendono il volo dal dirupo. Verso la fine del romanzo, l’imperatore etiope Hailé Selassié ha una visione del poeta Simonide, insieme a un personaggio dell’Aida e a un fantasma, una scena surreale che è forse l’unico passo falso in questo maestoso romanzo. Ma lo si perdona volentieri, perché tutta questa grandiosità è al servizio della storia di una donna guerriera, eroina indimenticabile e avvincente di un romanzo che ispira pietà e paura. Namwali Serpell, The New York Times
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Questo articolo è uscito sul numero 1404 di Internazionale, a pagina 76. Compra questo numero | Abbonati