Anchorage, 18 marzo 2021 (Frederic J. Brown, Reuters/Contrasto)

Il vertice di Anchorage, in Alaska, tra il ministro degli esteri cinese Wang Yi e il segretario di stato statunitense Antony Blinken si è aperto il 19 marzo con uno scambio di accuse al vetriolo. Blinken ha sollevato subito le questioni su cui la Cina è più sensibile – i diritti umani nello Xinjiang e a Hong Kong e l’autonomia di Taiwan – e Pechino ha accusato Washington d’ipocrisia, in particolare sui diritti umani. Nel colloquio a porte chiuse pare che la discussione sia stata “pacata e costruttiva”, e il quotidiano cinese Global Times ha definito l’incontro “un buon inizio” per avviare un dialogo nonostante le divergenze. Sul New York Times, il sinologo Ian Johnson critica l’amministrazione Biden, che nei rapporti con Pechino segue la linea ostile ereditata dal governo Trump, rischiando una pericolosa degenerazione delle relazioni diplomatiche. Il 23 marzo gli Stati Uniti, il Canada, l’Unione europea e il Regno Unito hanno fatto infuriare Pechino imponendo in un’azione coordinata sanzioni contro funzionari cinesi per la repressione degli uiguri. La Cina ha risposto duramente con sanzioni verso dieci persone e quattro entità europee. Il ministro degli esteri Wang Yi, in una conferenza stampa con quello russo, Sergei Lavrov, ha accusato di arroganza i paesi occidentali, “che non possono dare lezioni sui diritti umani, dati i loro trascorsi”.

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Questo articolo è uscito sul numero 1402 di Internazionale, a pagina 35. Compra questo numero | Abbonati