Augustas Cetkauskas, EyeEm/Getty

“Quando la pallavolista italiana Lara Lugli è rimasta incinta, sapeva che avrebbe perso il lavoro. Ma quando la società sportiva a cui apparteneva si è rifiutata di pagarle una somma che secondo lei le era dovuta, ha deciso di farle causa. I dirigenti hanno replicato accusandola di aver danneggiato economicamente la società e di aver rovinato la stagione sportiva della squadra. A quel punto la pallavolista ha deciso di rendere pubblica la notizia”, raccontano Emma Bubola e Gaia Pianigiani sul New York Times. “Il suo caso riflette una più ampia disuguaglianza di genere nello sport italiano, favorita da stereo­tipi profondamente radicati in un paese che, secondo il World economic forum, è al 76° posto nel mondo per parità di genere”, afferma il quotidiano statunitense. “Le donne nello sport devono essere tutelate quando diventano madri. Nel 2021 è inaccettabile che questo non avvenga”, afferma Luisa Rizzitelli, presidente di Assist, l’associazione nazionale delle atlete. Il quotidiano britannico **The Guardian ** riporta le parole di Lugli: “La società ha detto che una donna di 38 anni avrebbe dovuto sapere se voleva avere un bambino e quindi avrei dovuto avvisarli. Non solo hanno messo in discussione la mia professionalità, ma stanno paragonando la gravidanza a una condotta illecita e dolosa. È una cosa molto grave”.

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Questo articolo è uscito sul numero 1401 di Internazionale, a pagina 36. Compra questo numero | Abbonati