◆ Nel 2019 sono andate perse più di 930 milioni di tonnellate di generi alimentari pronti per essere consumati. La stima è contenuta in un rapporto del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep). La mancanza di dati rende però le stime incerte, soprattutto nei paesi a basso reddito. Dall’indagine emerge che il fenomeno è diffuso in quasi tutti i paesi. Delle 931 milioni di tonnellate di cibo sprecato, il 61 per cento si perde nelle famiglie, il 26 per cento nei servizi di ristorazione e il 13 per cento nella distribuzione al dettaglio. Nei paesi ad alto reddito si sprecano 79 chili di alimenti a testa all’anno, nei paesi a reddito medio-alto 76 e nei paesi a reddito medio-basso 91. In passato si pensava che nei paesi a reddito medio-basso lo spreco avvenisse nelle fasi di produzione e trasporto più che in quelle di distribuzione, vendita e consumo. Ma il Food waste index report 2021 rivela che la situazione è simile in tutti i paesi, con l’esclusione di quelli a basso reddito, privi di dati affidabili.
Lo spreco è un problema perché per produrre da mangiare si consumano risorse naturali e si emettono grandi quantità di gas a effetto serra. Secondo Inger Andersen, direttrice dell’Unep, se il cibo sprecato fosse un paese sarebbe il terzo al mondo per emissioni di gas serra. Il fatto che lo spreco sia così diffuso dimostra che per contrastarlo serve una strategia globale, adattata ai diversi contesti culturali. Ma sarebbe utile disporre di ulteriori dati per capire meglio il fenomeno.
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Questo articolo è uscito sul numero 1400 di Internazionale, a pagina 98. Compra questo numero | Abbonati