A dieci anni dalla rivolta contro il suo brutale regime, Bashar al Assad continua a regnare incontrastato e a commettere gli stessi crimini. Centinaia di migliaia di persone sono morte. Il contrasto tra le atrocità commesse e l’assenza di un percorso che porti i responsabili a rendere conto delle loro azioni non potrebbe essere più lampante. Nei giorni scorsi, però, le richieste di giustizia dei siriani hanno dato il primo frutto. Un tribunale tedesco ha riconosciuto un ex funzionario dei servizi segreti siriani colpevole di complicità in crimini contro l’umanità. È la prima condanna per i crimini del regime.

Eyad al Gharim dovrà scontare quattro anni e mezzo di reclusione per aver arrestato dei manifestanti e averli consegnati al centro di detenzione di Al Khatib, dove sono stati torturati. L’altro imputato, il suo ex superiore Anwar Raslan, è direttamente accusato di crimini contro l’umanità, tra cui l’omicidio di 58 persone e la tortura di altre quattromila.

Al processo di Norimberga, che stabilì un modello per la giustizia internazionale, i primi a essere giudicati furono i dirigenti nazisti di più alto grado. Stavolta i processi sono cominciati dai pesci piccoli e potrebbero non arrivare mai ai vertici. I due imputati hanno potuto essere processati solo perché avevano disertato e chiesto asilo in Germania.

Questo caso è importante perché rivela il terribile sistema in cui i crimini sono maturati. Per usare le parole dell’accusa, i due imputati erano “degli ingranaggi” di un apparato di sicurezza che pratica la tortura “su scala quasi industriale”. Il processo è entrato a far parte della documentazione storica sui crimini del regime di Assad. La speranza è che possa rendere possibili altri processi.

Le speranze di una giustizia più ampia sono sempre state molto ridotte, visto quanto è difficile portare un caso alla Corte penale internazionale. Eppure la determinazione degli attivisti e dei sopravvissuti siriani ha permesso alla fine di scalfire l’impunità del regime. Il principio di giurisdizione universale è esposto nella convenzione di Ginevra. Ma oggi c’è più consapevolezza su come metterlo in atto, e la volontà di farlo nel caso della Siria. Francia e Germania hanno emesso mandati d’arresto contro importanti esponenti del regime. Anche se oggi non è possibile eseguirli, lanciano un chiaro messaggio. Ci sono voluti dieci anni di frustrazioni per arrivare a una piccola condanna. I sopravvissuti siriani sanno benissimo che potrebbero non vedere mai il loro dittatore al banco degli imputati. La giustizia non è solo lenta, ma incerta. Tuttavia in questo caso, per quanto in modo incompleto, è stata finalmente fatta. ◆ ff

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Questo articolo è uscito sul numero 1399 di Internazionale, a pagina 15. Compra questo numero | Abbonati