Temuta fin dalla riapertura a primavera, poi falsamente scongiurata dalla spensieratezza dell’estate, la seconda ondata della pandemia di covid-19 è arrivata. L’Europa è il suo epicentro e stavolta nessun paese sembra essere risparmiato. Come in un carosello planetario, i contagi si spostano da un continente all’altro. Mentre la pandemia perde d’intensità in India e in Brasile e riparte negli Stati Uniti, l’Europa registra ogni giorno più contagi di questi tre paesi messi insieme. I reparti di terapia intensiva si riempiono e il numero di morti è tornato ai livelli di metà maggio.
Di fronte a una situazione che l’Organizzazione mondiale della sanità definisce “molto preoccupante”, i paesi europei sono meno indifesi che in primavera. Nonostante l’assenza di cure efficaci e di un vaccino, il trattamento dei casi gravi ha fatto grandi progressi. Le misure di contenimento sono rispettate molto più che nei mesi scorsi. La capacità di fare test è notevolmente aumentata. Ma controllare l’epidemia è ancora difficile. I governi europei, che durante la prima ondata avevano dato la priorità alla salute chiudendo le scuole e le attività produttive, ora cercano un equilibrio più sottile tra la prevenzione dei contagi e la tutela dell’economia. Per evitare un nuovo lockdown hanno adottato misure diverse in base ai territori, ai settori e agli orari. Ma un altro fattore si fa sentire in maniera più pesante rispetto alla prima ondata: l’osservanza da parte dei cittadini, che danno segni evidenti di stanchezza.
I governi europei sembrano ancora una volta subire gli eventi, senza aver approfittato della tregua estiva per trarre le lezioni della prima ondata. Questo è vero soprattutto per quanto riguarda la cooperazione europea. Al di là dell’importante sforzo comune affinché tutti gli europei abbiano accesso al vaccino quando sarà disponibile, il coordinamento sanitario tra gli stati dell’Unione è insufficiente. Anche se la sanità rimane di competenza nazionale, c’è ancora molto da fare per armonizzare le regole sui test e la quarantena e le condizioni per la circolazione all’interno dell’Unione europea. Per resistere insieme a questa seconda ondata si può e si deve fare meglio. ◆ff
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Questo articolo è uscito sul numero 1381 di Internazionale, a pagina 19. Compra questo numero | Abbonati