Tredici grandi marchi del lusso, tra cui Gucci, Versace e Yves Saint Laurent, sono sospettati di aver fatto ricorso a subappaltatori che sfruttavano lavoratori cinesi, secondo una richiesta d’informazioni emessa il 3 dicembre dalla giustizia italiana.

Nella richiesta, visionata dall’Afp, il pubblico ministero di Milano Paolo Storari riferisce che borse, portafogli e capi d’abbigliamento di questi marchi sono stati trovati durante le perquisizioni effettuate in laboratori che impiegavano “manodopera cinese sottoposta a gravi forme di sfruttamento”.

Il provvedimento riguarda i marchi del gruppo francese Kering (Gucci, Yves Saint Laurent e Alexander McQueen), Givenchy (gruppo Lvmh), ma anche Prada e la sua nuova acquisizione Versace, nonché Ferragamo, Pinko, Dolce & Gabbana, Missoni, Off-White, Coccinelle e Adidas.

Storari ha chiesto ai tredici marchi di fornire in tempi rapidi i documenti in loro possesso sui sistemi di controllo sulla catena di appalti e subappalti nella produzione.

Altri grandi marchi erano già stati coinvolti in casi simili: Dior (gruppo Lvmh), Tod’s e Alviero Martini, nonché una filiale di Armani e Loro Piana (gruppo Lvmh).

Tra salari da fame e operai che dormono nei laboratori, le indagini condotte dalla procura di Milano hanno rivelato gravi carenze nei controlli sulle catene d’approvvigionamento.

In base alla legge italiana, le aziende possono essere ritenute responsabili delle violazioni commesse dai fornitori autorizzati. Le associazioni per i diritti dei lavoratori del settore della moda denunciavano abusi da decenni.

Il governo italiano è subito passato all’offensiva per difendere i marchi, con il ministro delle imprese e del made in Italy Adolfo Urso che ha denunciato “attacchi alla loro reputazione”.

Il 3 dicembre Tod’s, che in un primo momento aveva negato qualsiasi irregolarità, ha ottenuto da un giudice milanese una proroga di undici settimane per rafforzare il suo sistema di controllo sui fornitori.