A dieci anni dalla firma dell’accordo di Parigi, non è tempo di festeggiamenti: il 6 novembre i capi di stato e di governo riuniti a Belém, in Brasile, hanno ammesso che il mondo non è riuscito a limitare il riscaldamento globale come sperato, cercando però di evitare il disfattismo.
“La finestra di opportunità per agire si sta chiudendo rapidamente”, ha avvertito il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva a quattro giorni dall’apertura della conferenza delle Nazioni Unite sul clima Cop30, criticando duramente le “bugie delle forze estremiste che favoriscono la distruzione del pianeta”.
Per molto tempo sia le Nazioni Unite sia gli stati più attivi nella lotta alla crisi climatica hanno evitato il catastrofismo per paura di alimentare la demotivazione. Ma di fronte alle temperature record degli ultimi anni, il 6 novembre i circa trenta capi di stato e di governo presenti a Belém hanno lanciato un appello per una “conferenza della verità”, usando le parole di Lula.
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In occasione del vertice, le Nazioni Unite hanno sottolineato che il 2025 sarà probabilmente il secondo o il terzo anno più caldo della storia, e che gli ultimi undici anni sono stati gli undici più caldi mai registrati.
Il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha dichiarato che la comunità internazionale non è riuscita a limitare il riscaldamento a 1,5 gradi in più rispetto all’era preindustriale, l’obiettivo più ambizioso dell’accordo di Parigi, definendolo un “fallimento morale”.
Le Nazioni Unite hanno chiesto che il superamento della soglia, previsto già prima del 2030, sia il più breve possibile. “Ma nella migliore delle ipotesi ci vorranno dai cinquanta ai settant’anni anni per tornare sotto gli 1,5 gradi”, ha dichiarato all’Afp Johan Rockström, direttore dell’Istituto di ricerca sul clima di Potsdam.
I leader presenti hanno denunciato la disinformazione sul clima, le lobby dei combustibili fossili, la mancanza di fondi e il ritiro degli Stati Uniti dalla cooperazione climatica, anche se l’assenza della prima economia mondiale da Belém è stata accolta con sollievo da chi temeva manovre ostruzionistiche durante la conferenza.
Il presidente statunitense Donald Trump è stato contestato da molti leader. Il presidente cileno Gabriel Boric ha criticato chi “ha scelto di ignorare o negare la realtà scientifica della crisi climatica”. “Trump è contro l’umanità”, ha dichiarato il suo collega colombiano Gustavo Petro.
“Ma siamo nelle condizioni ideali per contrattaccare”, ha dichiarato Guterres, esortando tutti a non dare per persa la battaglia. Molti leader presenti hanno citato i grandi progressi delle energie rinnovabili, che lasciano intravedere un futuro senza combustibili fossili.
Pur criticando i “profeti del caos che antepongono l’ideologia alla scienza”, il presidente francese Emmanuel Macron ha invitato a “rilanciare il multilateralismo”.
La Cina, il paese con le maggiori emissioni di gas serra, ma anche il principale motore della transizione energetica, ha colto l’occasione per chiedere “la revoca delle barriere commerciali sui prodotti verdi”.
Infine, il Brasile ha annunciato il lancio di un nuovo fondo, chiamato Tfff, il cui obiettivo è raccogliere fondi sui mercati finanziari per ricompensare gli stati che proteggono le foreste. La Norvegia si è impegnata a mettere a disposizione fino a tre miliardi di dollari.