Il cambiamento climatico uccide già migliaia di persone. Il nuovo rapporto Lancet count­down, che dal 2016 studia il legame tra il riscaldamento globale causato dagli esseri umani e la salute, calcola che i decessi legati al calore sono aumentati del 23 per cento dagli anni novanta. Tra il 2012 e il 2021 nel mondo sono stati registrati in media ogni anno 56mila morti associate alle temperature elevate: 1.500 morti al giorno. Qualsiasi altro fattore che causasse una mortalità così elevata susciterebbe una reazione forte della comunità internazionale. Invece la risposta al riscaldamento creato dalle emissioni di gas serra non è solo il negazionismo estremo, ma altrettanto o addirittura più pericolosa è la retromarcia globale delle politiche per affrontare il problema. Il rapporto di Lancet lo dice con chiarezza: “I passi indietro politici nell’azione climatica e sanitaria minacciano milioni di persone a un futuro di malattie, disastri e morte prematura”. Anche l’immobilità uccide.

Nonostante la situazione allarmante evidenziata da dati e studi scientifici, spesso l’azione dei governi va in direzione contraria. Per esempio quando si tratta di investire fondi pubblici: nel 2023, dopo la crisi provocata dall’invasione dell’Ucraina, l’impennata nei prezzi dei combustibili fossili ha spinto i governi a spendere 956 miliardi di dollari in aiuti pubblici per il petrolio, il gas e il carbone

Oltre alle ondate di calore, i fenomeni meteorologici estremi innescati dalla crisi climatica saranno sempre più frequenti e pericolosi, provocando migliaia di vittime e grandi perdite economiche. A pochi giorni dall’inizio della Cop30, in Brasile, bisogna ribadire che il cambiamento climatico sta destabilizzando più rapidamente del previsto le condizioni ambientali da cui dipende la vita umana. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1639 di Internazionale, a pagina 19. Compra questo numero | Abbonati