Il 16 settembre, per il secondo giorno consecutivo, la polizia ha sparato i gas lacrimogeni a Dili, la capitale di Timor Leste, per respingere i manifestanti che protestavano contro un progetto di acquisto di automobili di lusso per i deputati.

Più di duemila persone, in maggioranza studenti, il doppio rispetto al giorno prima, hanno manifestato davanti al parlamento di questo piccolo stato del sudest asiatico per denunciare il progetto, approvato nel 2024, che prevede l’acquisto di un suv per ciascuno dei 65 deputati.

Il 16 settembre i manifestanti hanno sventolato uno striscione con la scritta “Fermate i ladri, fermate i corrotti”. Hanno anche bruciato pneumatici e un’auto di servizio vicino al parlamento.

Alcuni dei partiti politici che avevano partecipato all’approvazione del progetto, inserito nella legge di bilancio per il 2025, hanno fatto sapere che ne chiederanno la revoca, sottolineando che “non riflette l’interesse pubblico”.

Il presidente José Ramos-Horta ha dichiarato alla stampa che “gli atti di vandalismo non saranno tollerati” e ha invitato la popolazione a manifestare pacificamente.

“È giusto protestare contro il governo e il parlamento quando commettono errori, ma non bisogna mai ricorrere alla violenza”, ha aggiunto Ramos-Horta, premio Nobel per la pace nel 1996.

“Chiediamo la revoca del progetto di acquisto delle auto. Il presidente del parlamento ci deve ascoltare”, ha dichiarato Domingos de Andrade, un manifestante di 34 anni.

I manifestanti si sono impegnati a continuare a scendere in piazza fino a quando il parlamento non farà marcia indietro.

Finora il governo guidato da Xanana Gusmão non si è espresso sulle richieste dei manifestanti.

È stata la notizia del prossimo acquisto di 65 esemplari di Land Cruiser Prado, un modello Toyota, ad alimentare la rabbia degli studenti di Timor Leste, paese in cui il 40 per cento della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, secondo la Banca mondiale.

L’ex colonia portoghese, indipendente dal 2002 dopo 24 anni di occupazione indonesiana, è alle prese con alti livelli di disuguaglianza, malnutrizione e disoccupazione, e rimane fortemente dipendente dalla produzione di idrocarburi.