Il 1 settembre la corte suprema brasiliana si è riunita per la fase finale del processo all’ex presidente Jair Bolsonaro, che rischia una condanna a più di quarant’anni di prigione per un tentativo di colpo di stato, nonostante le forti pressioni esercitate dal presidente statunitense Donald Trump.

L’ex presidente di estrema destra (2019-2022) conoscerà la sua sorte entro il 12 settembre, insieme a sette coimputati, tra cui ex ministri e alti ufficiali dell’esercito.

La procura accusa Bolsonaro di essere il capo di un’organizzazione criminale il cui obiettivo era permettergli di restare al potere nonostante la sconfitta nelle elezioni presidenziali dell’ottobre 2022, vinte dall’attuale presidente Luiz Inácio Lula da Silva.

Agli arresti domiciliari dall’inizio di agosto e ineleggibile fino al 2030, Bolsonaro sostiene di essere vittima di una “persecuzione politica” per impedirgli di candidarsi alle prossime elezioni presidenziali, previste tra poco più di un anno.

Il processo è anche al centro di una crisi senza precedenti tra il Brasile e gli Stati Uniti.

Citando una “caccia alle streghe” contro il suo alleato Bolsonaro, il 6 agosto il presidente statunitense Donald Trump aveva imposto al Brasile dazi doganali punitivi del 50 per cento.

Bolsonaro, 70 anni, non parteciperà alle udienze finali del processo, che dureranno cinque giorni, ha dichiarato la sua difesa all’Afp.

Intanto, la sicurezza è stata rafforzata nella piazza dei Tre poteri a Brasília, dove affacciano il palazzo presidenziale, il parlamento e la corte suprema.

Nostalgico della dittatura (1964-1985), Bolsonaro è accusato di “pianificazione di un colpo di stato”, di “tentativo di sovvertire con la violenza lo stato di diritto democratico” e di “organizzazione criminale armata”.

In base all’atto d’accusa della procura, la cospirazione “è stata guidata dal presidente Bolsonaro e dal suo candidato vicepresidente Walter Braga Netto che, insieme ad altre persone, sia civili sia militari, hanno cercato d’impedire l’attuazione dei risultati delle elezioni presidenziali del 2022”.

Il piano, chiamato Pugnale verde e giallo (i colori della bandiera brasiliana), prevedeva di assassinare Lula, il vicepresidente Geraldo Alckmin e il giudice della corte suprema Alexandre de Moraes.

Avrebbe dovuto essere eseguito da membri delle forze speciali dell’esercito prima dell’insediamento di Lula, il 1 gennaio 2023.

Il mancato sostegno dell’esercito

Secondo gli inquirenti, il colpo di stato non si è concretizzato a causa del mancato sostegno dei principali comandanti dell’esercito brasiliano.

Bolsonaro avrebbe anche partecipato alla stesura di un decreto, mai emanato, che prevedeva la proclamazione dello stato d’assedio e l’annullamento delle elezioni presidenziali.

Secondo la procura, un “ultimo tentativo” di colpo di stato si è poi verificato l’8 gennaio 2023, con la rivolta di Brasília, che ha ricordato l’assalto al congresso del 6 gennaio 2021 negli Stati Uniti.