Il 27 giugno il Giappone ha messo a morte tramite impiccagione Takahiro Shiraishi, 34 anni, soprannominato “il killer di Twitter”, accusato di aver ucciso e fatto a pezzi nove persone. L’ultima esecuzione nel paese risaliva al luglio 2022.
Shiraishi aveva ucciso nove persone, tra cui otto donne, contattate attraverso il social network Twitter (oggi X).
Prendeva di mira persone che manifestavano propositi suicidi, dicendo che le avrebbe aiutate e dicendosi disponibile a morire insieme a loro.
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In una conferenza stampa che si è tenuta il 27 giugno a Tokyo, il ministro della giustizia Keisuke Suzuki ha affermato che i reati di Shiraishi, compiuti nel 2017, comprendono “omicidio, stupro, furto e distruzione e abbandono di cadavere”.
“Le nove vittime sono state picchiate e strangolate, uccise, derubate e poi mutilate. Parti dei loro corpi sono state conservate e altre sono state gettate in una discarica”, ha dichiarato.
Suzuki ha sottolineato che l’uomo ha agito “per soddisfare i suoi desideri sessuali e finanziari attraverso omicidi che hanno scosso profondamente la società giapponese”.
“Dopo un’attenta valutazione ho quindi deciso di ordinare la sua esecuzione”, ha concluso.
240 resti umani
Dopo aver attirato le vittime nel suo piccolo appartamento alla periferia sudoccidentale di Tokyo, Shiraishi le uccideva e ne smembrava i corpi.
Il 31 ottobre 2017 la polizia aveva fatto irruzione nel suo appartamento, scoprendo 240 resti umani nascosti in frigoriferi e cassette degli attrezzi, cosparsi di sabbietta per lettiere di gatti per cercare di nascondere il cattivo odore.
Gli agenti avevano trovato forbici, coltelli, una sega e vari attrezzi per la falegnameria.
La polizia era arrivata a lui indagando sulla scomparsa di una donna di 23 anni. Il fratello della donna era infatti riuscito a collegarsi al suo account Twitter, scoprendo messaggi sospetti.
Età compresa tra 15 e 26 anni
Nel 2020 Shiraishi era stato quindi condannato a morte per gli omicidi di nove persone di età compresa tra 15 e 26 anni.
I suoi avvocati avevano chiesto l’ergastolo, sostenendo che le sue vittime avessero espresso propositi suicidi e avessero quindi di fatto acconsentito alla loro morte.
Il tribunale aveva però respinto l’argomentazione, sostenendo che Shiraishi si fosse approfittato di persone “psicologicamente fragili”.