Il 3 giugno il primo ministro mongolo Luvsannamsrain Oyun-Erdene si è dimesso in seguito a un voto di sfiducia in parlamento, dopo settimane di proteste contro la corruzione nella capitale Ulan Bator.

“È stato un onore servire il mio paese e il mio popolo in tempi difficili, tra pandemie, guerre e dazi doganali”, ha dichiarato Oyun-Erdene dopo la votazione.

L’ex avvocato di 44 anni resterà in carica fino alla nomina di un successore, prevista entro trenta giorni, secondo un comunicato del parlamento.

Nella votazione a scrutinio segreto il primo ministro ha ottenuto 44 voti a favore e 38 contrari, ma per restare in carica avrebbe avuto bisogno di almeno 64 voti, cioè la maggioranza assoluta del parlamento.

Da decenni la Mongolia, un paese di 3,4 milioni di abitanti stretto tra la Cina e la Russia, è afflitta da una corruzione endemica, mentre le élite sono accusate d’impadronirsi dei proventi dell’industria mineraria, che è in piena espansione.

L’indignazione dell’opinione pubblica è esplosa dopo la pubblicazione di notizie secondo cui la famiglia del primo ministro disporrebbe di ricchezze nettamente superiori rispetto a quelle previste per la carica. Un sontuoso regalo di compleanno del figlio del premier alla fidanzata, mostrato da lei sui social network, ha acceso ulteriormente gli animi.

In una dichiarazione rilasciata all’Afp il mese scorso, l’ufficio del primo ministro aveva smentito con forza le accuse di corruzione, definendole “diffamatorie”.

Ma da quando Oyun-Erdene si è insediato, nel 2021, la Mongolia ha perso molte posizioni nell’indice di percezione della corruzione (Cpi) messo a punto dall’ong Transparency international.

La rabbia dei cittadini è alimentata anche dalle difficoltà economiche e dall’aumento del costo della vita. Nel 2024 l’inflazione, spinta anche dall’invasione russa dell’Ucraina, ha raggiunto il 9 per cento, secondo l’agenzia di stampa statale Montsame.

Situazione di grande incertezza

Alla vigilia del voto di sfiducia, centinaia di giovani manifestanti si erano riuniti davanti al parlamento con cartelli con la scritta: “Dimettersi è facile”.

Le dimissioni di Oyun-Erdene fanno precipitare il paese in una situazione di grande incertezza.

Dalle elezioni del 2024 la Mongolia era guidata da un governo di coalizione di tre partiti, tra cui il Partito del popolo mongolo di Oyun-Erdene. Il mese scorso la formazione del premier aveva però escluso dalla coalizione il Partito democratico, dopo che alcuni deputati avevano sostenuto le richieste di dimissioni.