Il candidato di centrosinistra Lee Jae-myung ha vinto nettamente le elezioni presidenziali del 3 giugno in Corea del Sud, secondo un exit poll pubblicato subito dopo la chiusura dei seggi.

Secondo l’exit poll, commissionato dalle tre principali emittenti tv del paese (Kbs, Mbc e Sbs), Lee ha ottenuto il 51,7 per cento dei voti contro il 39,3 per cento del suo avversario conservatore Kim Moon-soo, candidato del Partito del potere popolare (Ppp).

Un’ora prima della chiusura dei seggi il tasso di partecipazione era molto alto, intorno al 78 per cento.

Le presidenziali dovrebbero mettere fine a sei mesi di caos politico seguito al tentativo fallito dell’ex capo dello stato Yoon Suk-yeol, del Ppp, d’imporre la legge marziale.

Lee, leader del Partito democratico di Corea, che ha la maggioranza in parlamento, era il grande favorito di questo scrutinio a turno unico, nonostante alcuni problemi giudiziari.

Trattandosi di un voto indetto anticipatamente per colmare un vuoto alla guida del paese, in seguito alla destituzione di Yoon, il vincitore s’insedierà subito dopo la certificazione dei risultati da parte della Commissione elettorale, probabilmente nella mattinata del 4 giugno.

“La vittoria di Lee dimostra che i sudcoreani rifiutano misure illiberali e riaffermano il loro attaccamento alla democrazia”, ha dichiarato all’Afp Shin Gi-wook, professore di sociologia dell’università di Stanford, negli Stati Uniti.

Il prossimo presidente dovrà affrontare problemi complessi, tra cui l’aggravarsi della crisi economica, l’aumento del costo della vita e uno dei tassi di natalità più bassi del mondo.

Dovrà inoltre rispondere alla minaccia della Corea del Nord e trovare un difficile equilibrio tra gli Stati Uniti, tradizionale garante della sicurezza del paese, e la Cina, il principale partner commerciale.

La Corea del Sud non ha un presidente nel pieno delle sue funzioni dal 14 dicembre, quando l’assemblea nazionale aveva approvato una mozione per la destituzione di Yoon, che aveva portato alla sua sospensione.

La decisione era stata poi confermata il 4 aprile dalla corte costituzionale, che aveva dato al governo sessanta giorni per organizzare le elezioni.

Il 3 dicembre 2024 Yoon aveva proclamato la legge marziale, giustificandola con la necessità di “eliminare gli elementi ostili allo stato” e “proteggere il paese dalle minacce poste dalle forze comuniste nordcoreane”. Poche ore dopo aveva ritirato il provvedimento su pressione delle forze politiche e di migliaia di manifestanti.

L’ex presidente è anche sotto processo per “ribellione”, un reato punibile con la pena di morte.