Il 29 maggio Israele ha annunciato la creazione di ventidue nuovi insediamenti ebraici nella Cisgiordania occupata, rischiando di indebolire ulteriormente i suoi rapporti con gran parte della comunità internazionale, già provati dalla condotta militare di Tel Aviv nella Striscia di Gaza.

La decisione, presa dal gabinetto di sicurezza israeliano, è stata resa pubblica su X dal ministro delle finanze Bezalel Smotrich, colono di estrema destra e anche ministro della difesa responsabile della gestione civile in Cisgiordania, ovvero degli insediamenti.

“Abbiamo preso una decisione storica riguardo allo sviluppo degli insediamenti: 22 nuove comunità in Giudea e Samaria”, ha dichiarato Smotrich usando il nome che gli israeliani usano per la Cisgiordania, il territorio palestinese occupato da Israele dal 1967.

“Questa è una decisione storica […] che cambia il volto della regione e plasma il futuro degli insediamenti [israeliani] in Cisgiordania per gli anni a venire”, ha aggiunto il ministro della difesa Israel Katz in una dichiarazione.

L’attività di occupazione israeliana è denunciata dalle Nazioni Unite come illegale secondo il diritto internazionale e come uno dei principali ostacoli a una soluzione di pace duratura tra israeliani e palestinesi, poiché impedisce la creazione di uno stato palestinese.

L’annuncio di Smotrich arriva dopo che l’inviato speciale del presidente degli Stati Uniti Donald Trump per il Medio Oriente, Steve Witkoff, ha dichiarato di avere “un’ottima sensazione” sulla possibilità di raggiungere una tregua a Gaza dopo 600 giorni dall’inizio dell’operazione militare d’Israele nella Striscia e mentre l’escalation militare di Israele a Gaza suscita critiche all’estero, anche da parte dei più stretti alleati dello stato ebraico.

L’annuncio arriva mentre la Francia dovrebbe presiedere una conferenza dell’Onu a giugno con l’Arabia Saudita volta a promuovere la cosiddetta soluzione di pace dei “due stati”: Israele e una Palestina indipendente e pienamente sovrana che vivano fianco a fianco.

Secondo una mappa pubblicata dal Likud, il partito di destra del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, i ventidue insediamenti previsti sono distribuiti in tutta la Cisgiordania, da nord a sud, compreso il centro, consolidando ulteriormente un territorio minato dagli insediamenti ebraici.

Due dei ventidue insediamenti annunciati, Homesh e Sa-Nur, sono particolarmente simbolici: situati nella Cisgiordania settentrionale, sono in realtà dei reinsediamenti, essendo stati evacuati nel 2005 nell’ambito del piano di disimpegno israeliano dalla Striscia di Gaza, allora promosso dal primo ministro Ariel Sharon.

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Formato nel dicembre 2022 con il sostegno di partiti ultraortodossi e di estrema destra, il governo di Netanyahu è uno dei più a destra nella storia di Israele. Secondo le ong per i diritti umani, i progressi sul campo verso l’annessione, almeno di fatto, della Cisgiordania non sono mai stati così grandi come sotto questo governo, in particolare dall’inizio dell’operazione militare israeliana nella Striscia di Gaza, in reazione all’attacco del 7 ottobre 2023 del movimento islamista palestinese Hamas contro Israele.

“Non abbiamo preso terra straniera, ma l’eredità dei nostri antenati”, ha dichiarato Smotrich su X. “Il prossimo passo: la sovranità”. Circa 500mila israeliani vivono negli insediamenti in Cisgiordania, in mezzo a tre milioni di palestinesi.