Il bilancio dell’esplosione avvenuta il 26 aprile nel porto di Bandar Abbas, nel sud dell’Iran, è salito a 46 morti, ha annunciato il 28 aprile l’agenzia statale Irna, mentre la guida suprema iraniana Ali Khamenei ha ordinato l’apertura di un’inchiesta.
L’esplosione ha causato anche più di mille feriti, 138 dei quali sono ancora ricoverati in ospedale.
“Incarico i responsabili della sicurezza e della giustizia a condurre un’inchiesta approfondita per individuare eventuali negligenze o atti dolosi”, ha affermato Khamenei in un comunicato il 27 aprile.
Lo stesso giorno il presidente iraniano Masoud Pezeshkian ha visitato il porto di Bandar Abbas, ancora in preda alle fiamme.
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Cosa succede in Medio Oriente. A cura di Francesca Gnetti. Ogni mercoledì.
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L’esplosione si è verificata intorno a mezzogiorno del 26 aprile su un molo del porto, che si trova sullo stretto di Hormuz, dove transita un quinto della produzione mondiale di petrolio.
Secondo le autorità doganali iraniane, probabilmente l’esplosione è stata causata da un incendio divampato in una zona di stoccaggio di sostanze chimiche.
Il ministero della difesa ha affermato che “al momento dell’esplosione non c’era alcun carico di carburante militare nella zona”.
In precedenza il New York Times, citando una fonte anonima vicina ai Guardiani della rivoluzione, l’esercito ideologico dell’Iran, aveva attribuito l’esplosione a un carico di perclorato di sodio, una sostanza usata nella produzione di combustibili solidi per missili.
Lutto nazionale il 28 aprile
Il 27 aprile la Russia ha annunciato l’invio di due aerei per aiutare a combattere le fiamme.
Il ministero della salute iraniano ha invitato gli abitanti di Bandar Abbas a rimanere in casa “fino a nuovo ordine”.
Le autorità hanno proclamato un giorno di lutto nazionale il 28 aprile, e tre giorni di lutto nella provincia di Hormozgan, di cui Bandar Abbas è il capoluogo. La città ospita la principale base della marina iraniana.