Il 23 aprile la Giordania ha vietato le attività dei Fratelli musulmani e ha chiuso le loro sedi, accusando il gruppo di voler “destabilizzare il paese”.

“È stata presa la decisione di vietare tutte le attività dei Fratelli musulmani”, ha annunciato il ministro dell’interno Mazen al Faraya.

“Tutti gli uffici usati dal gruppo, anche in collaborazione con altre organizzazioni, saranno chiusi”, ha aggiunto.

I Fratelli musulmani avevano portato avanti le loro attività in Giordania anche dopo lo scioglimento del gruppo deciso nel 2020 dalla più alta giurisdizione del paese, approfittando del fatto che le autorità avevano chiuso un occhio.

L’ala politica del gruppo, il Fronte di azione islamica, è attualmente il primo partito in parlamento, dopo aver ottenuto 31 seggi su 138 nelle elezioni legislative del settembre scorso.

Al Faraya non ha chiarito se ci saranno conseguenze anche per il partito.

Il divieto arriva dopo che il 15 aprile i servizi di sicurezza giordani avevano annunciato l’arresto di sedici persone, tra cui alcuni membri dei Fratelli musulmani, accusate di “attività terroristiche” e di “preparare atti di sabotaggio per minare la sicurezza nazionale”.

Più nello specifico, le persone arrestate sono state accusate di “produzione e possesso di razzi ed esplosivi” e di “attività di formazione e reclutamento svolte sia all’interno sia all’esterno del paese”.

“Iniziative individuali”

I Fratelli musulmani avevano smentito il loro coinvolgimento, parlando di “iniziative individuali a sostegno della resistenza palestinese”.

Il gruppo, che dispone di vari uffici nella capitale Amman, organizza regolarmente manifestazioni di solidarietà verso gli abitanti della Striscia di Gaza.

Le attività dei Fratelli musulmani sono vietate anche in altri paesi arabi, tra cui l’Egitto.