Everest è il nuovo numero di Internazionale storia e racconta le spedizioni per conquistare la vetta dell’Himalaya attraverso la stampa dell’epoca. Si può comprare in edicola, in libreria e online, oppure in digitale sull’app di Internazionale.

“Non sono molte le avventure moderne, almeno tra quelle pacifiche, ad aver conquistato lo status di allegorie. […] Una è stata l’impresa definitiva dell’esplorazione umana: l’arrivo dell’Apollo 11 sulla Luna. L’altra, la prima ascensione del monte Everest”, ha scritto Jan Morris, che raccontò per il Times di Londra la conquista della vetta più alta del mondo, il 29 maggio 1953. E in effetti in quell’impresa s’intrecciano suggestioni, temi e questioni di natura diversissima.

Per gli esploratori del primo novecento il picco dell’Himalaya era l’ultimo grande traguardo rimasto sulla Terra. “Perché è lì”, rispose George Mallory a chi nel 1924, prima della spedizione in cui sarebbe morto, gli chiese perché fosse così determinato a scalare l’Everest. Tre parole che distillano l’essenza dell’alpinismo: la sfida con se stessi, con le montagne, con la morte.

Nella scalata del 1953 c’è però anche molto altro. L’ostinazione con cui i britannici inseguono l’impresa per più di trent’anni è infatti in qualche modo eredità del conflitto militare e diplomatico combattuto tra le grandi potenze in Asia centrale lungo tutto l’ottocento, ed è alimentata dalla curiosità e dal coraggio di tanti esploratori, forse gli ultimi protagonisti di quel “grande gioco”. La conquista della vetta è anche uno dei sussulti finali dell’impero, sei anni dopo la perdita dei possedimenti indiani e tre anni prima della crisi di Suez, che segnerà il declino definitivo delle ambizioni di Londra di rimanere una potenza globale.

Ma la conquista dell’Everest riguarda soprattutto l’Asia, che proprio in quegli anni si stava liberando del dominio coloniale e stava ricostruendo identità nazionali il più possibile distanti dai modelli britannici. Su questo processo la missione del 1953 avrebbe avuto un’influenza non trascurabile. Ma non è ancora tutto: l’apertura di una via per la vetta solleva anche problemi ambientali, trasforma le pratiche dell’alpinismo e crea un nuovo rapporto con l’universo culturale e religioso dell’Himalaya. Insomma, parlando della scalata di Tenzing e Hillary si riflette necessariamente su colonialismo, politica, economia, geopolitica, antropologia, ecologia.

In Everest questi temi sono organizzati in tre sezioni, lungo un filo cronologico. La prima racconta le nove spedizioni organizzate tra il 1921 e il 1952, che aprono la strada alla scalata del 1953. Alla quale è invece dedicata la seconda sezione, con un lungo resoconto sul campo e i ritratti dei suoi due protagonisti. Nella terza parte si riflette sulle conseguenze della conquista dell’Everest con la consapevolezza – ambientale, culturale, politica – maturata negli ultimi decenni. Il tutto serve a fornire un quadro il più possibile ampio dell’impresa del 1953.

Ma di certo non basta a spiegare il dilemma più affascinante dell’alpinismo: da dove viene quel fuoco che spinge uomini e donne a rischiare la vita per raggiungere il punto più alto di una montagna e avvicinarsi un po’ di più al cielo.

Everest è il nuovo numero di Internazionale storia e racconta le spedizioni per conquistare la vetta dell’Himalaya attraverso la stampa dell’epoca. Si può comprare in edicola e online, oppure in digitale sull’app di Internazionale.

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