Allo svincolo fra le autostrade A55 e A7, due serpenti di asfalto che attraversano i quartieri nord di Marsiglia, è divampato l’8 luglio un incendio spettacolare. Poco prima delle 11 un veicolo in fiamme sulla corsia di emergenza ha scatenato la catastrofe all’altezza di Pennes-Mirabeau, un piccolo comune residenziale delle classi popolari vicino alla metropoli francese.
Le fiamme hanno raggiunto presto i quartieri a nord della città, in particolare le zone dell’Estaque, di Saint-Henri, di Saint-André e della Castellane. In totale l’incendio, alimentato da un maestrale che ha raggiunto i 90 chilometri all’ora, ha bruciato quasi 750 ettari di vegetazione e diverse abitazioni.
Dall’altro lato della costa mediterranea, vicino a Narbona (nel dipartimento dell’Aude), un incendio ha bruciato almeno duemila ettari di boschi e rimane ancora attivo, anche se la sua intensità si è ridotta. Nei dipartimenti dell’Heraut e del Gard gli incendi di Castelnau-de-Guers e di Montdardier sono stati “stabilizzati” dopo che avevano bruciato rispettivamente 400 e 430 ettari di vegetazione.
La marsigliese Hanifa Taguelmint, tra le animatrici della Marcia per l’uguaglianza e contro il razzismo del 1983, ha visto sette case completamente bruciate nel suo quartiere della Campagne blue, sopra l’Estaque. “I miei vicini erano sconvolti. Siamo rimasti senza elettricità e senza acqua corrente”.
Taguelmint è andata a stare dalla figlia vicino al porto dell’Estaque. Spiega a Mediapart che il pomeriggio aveva ricevuto un messaggio di allarme sul suo telefono: “L’sms ci chiedeva di rimanere confinati in casa e di andare via solo su ordine delle autorità. Ma eravamo circondati da fiamme gigantesche e non c’era nessuno a darci una mano. È stato un vero e proprio incubo”.
Mohamed Bensaada, attivista dei quartieri popolari e uno dei leader del partito France insoumise alle prossime elezioni municipali di Marsiglia, dice: “A partire da Jean-Claude Gaudin (sindaco di Marsiglia dal 1995 al 2020) c’è stata la volontà di gentrificare e ‘turistizzare’ Marsiglia a spese delle classi popolari, creando una topografia della città discriminante. Ci sono dei quartieri popolari molto lontani dal centro della città, come la Savine, nel quindicesimo arrondissement, che si trova su un fianco del massiccio dell’Etoile. Se un incendio dovesse scoppiare lì sarebbe una tragedia”.
In effetti molti dei quartieri popolari della zona nord di Marsiglia sono sulle colline della città, dove il maestrale soffia più forte, spesso vicino alla boscaglia e con poche strade di accesso. Sono così lontani dal centro che alla Castellane i primi a spegnere le fiamme sono stati proprio gli abitanti usando dei secchi d’acqua. “Nonostante la retorica dell’estrema destra sui giovani delle periferie che lanciano sassi alle vetture dei soccorsi, abbiamo visto dei ragazzi della Castellane aiutare i pompieri a spegnere le fiamme”, sottolinea Bensaada.
Inoltre i quartieri nord concentrano le attività portuali, industriali e logistiche della città, rendendo ancora più vulnerabili gli abitanti di queste zone povere alle ondate di calore.
“Questa divisione socio-spaziale molto netta di Marsiglia risale alla metà del diciannovesimo secolo, quando le élite economiche avevano deciso di creare un porto industriale a nord della città e di costruire delle case popolari per i lavoratori”, spiega Nicolas Maisetti, professore di sociologia e specialista delle politiche urbane di Marsiglia. “Da un punto di vista urbanistico è ancora oggi molto viva l’idea ‘gaudiniana’ di uno sviluppo della città vincolato dalle sue colline naturali, dove si addensano i quartieri popolari”.
Christine Bouisset, professoressa di geografia presso l’università di Pau et des pays de l’Adour, continua: “Il modo in cui si sono sviluppate le periferie di Marsiglia, complicato da un difficile contesto geografico, ha moltiplicato le superfici di boscaglia e terreni incolti tra gli edifici dei quartieri nord, aumentando così il rischio d’incendi in un periodo di cambiamento climatico”.
“Dagli anni sessanta i più poveri e in particolare gli immigrati sono stati sistemati in grandi palazzi popolari che, oltre a essere delle vere e proprie serre, devono fare i conti con un grave inquinamento atmosferico e sono particolarmente esposti in caso di incendio”, sintetizza Katia Yakoubi, operatrice sociale del quartiere degli Oliviers, nel tredicesimo arrondissement di Marsiglia, e responsabile del movimento L’Après (Association pour la république écologique et sociale) per il dipartimento delle Bouches-du-Rhône.
Secono AtmoSud, l’osservatorio della qualità dell’aria per la regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra, durante l’incendio “i fumi, carichi di polveri sottili e di altri inquinanti provenienti dalla combustione del legno” si sono diretti verso i quartieri nord di Marsiglia e hanno peggiorato “significativamente” la qualità dell’aria.
Alcuni recenti ricerche scientifiche hanno dimostrato che nonostante la chiusura delle porte e delle finestre, le concentrazioni di polveri sottili all’interno degli edifici nei giorni dell’incendio possono essere fino a tre volte più alte rispetto ai giorni normali. Inoltre l’esposizione al fumo degli incendi è associata a morti premature e all’aggravarsi delle malattie respiratorie e cardiovascolari, che colpiscono in primo luogo i più fragili.
“Il ministro dell’interno francese parla solo di vigilanza individuale nei confronti degli incendi, ma in questo caso la mancata vigilanza è colpa dello stato. Per i nostri quartieri nessuna politica urbana prende in considerazione il cambiamento climatico e le sue conseguenze, come gli incendi e le ondate di calore. Abbiamo ancora due enormi autostrade che attraversano i quartieri nord, nessun accesso al mare e ci isolano in alto sulle colline”, aggiunge Katia Yakoubi.
In effetti Marsiglia conta circa un decimo di alberi per abitante rispetto alle altre grandi città europee, e questo numero è in netta diminuzione. La crisi climatica dovrebbe spingere ad aumentare le aree verdi nelle grandi metropoli per rendere più tollerabili le ondate di calore, invece a Marsiglia ce ne sono solo 4,6 metri quadrati per abitante (rispetto ai 14 di Parigi). Inoltre queste rare oasi di verde sono sempre più spesso privatizzate e chiuse all’interno di aree residenziali per le classi ricche che si sviluppano nella parte sud della città.
“Durante i trent’anni di sviluppo del dopoguerra lo sviluppo urbano nella parte settentrionale di Marsiglia si è basato soprattutto sull’automobile, con le autostrade A55 e A7 in mezzo ai quartieri popolari che continuano a rappresentare un’eredità di cui è difficile disfarsi”, spiega il ricercatore Nicolas Maisetti.
L’urbanistica della città, precisa Maisetti caratterizzata negli anni dalla politica classista di Gaston Defferre (sindaco dal 1953 al 1986), ha portato a progetti di rinnovamento urbano che hanno dato la precedenza alla sorveglianza di polizia rispetto alla creazione di spazi verdi. “Oggi lo sviluppo nei quartieri nord è dominato dall’estensione del quartiere d’affari Euroméditerranée”.
Nel frattempo il 9 luglio l’osservatorio europeo Copernicus ha annunciato che quello del 2025 è stato il giugno più caldo mai registrato nell’Europa occidentale, e i servizi meteorologici francesi ritengono che il pericolo di nuovi incendi rimarrà alto in tutto il bacino mediterraneo.
(Traduzione di Andrea De Ritis)
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