Due giorni nella vita di due persone innamorate. Il primo, quando tutto comincia, e l’ultimo, quando ci si lascia. A chi legge, la possibilità di immaginare cosa è successo in mezzo. In questa puntata: Laure, 42 anni.
Il primo giorno
“Sto con il mio ragazzo da tre anni, un amore tra studenti. A una festa arriva lui, non è particolarmente bello ma ha un’energia che si fa notare. È biondo, ha gli occhiali e un grande giaccone blu, non è vestito molto bene ma ha una certa eleganza. La mia amica è la più bella della scuola, le dico che dovrebbe provare a sedurlo, io invece voglio solo parlargli. Così diventiamo amici.
Ci vediamo ogni tanto, andiamo al cinema a vedere The Truman show, quel film con Jim Carrey intrappolato a sua insaputa in un reality show. Uscendo dal cinema è furioso, sconvolto da quello che ha visto. La sua rabbia mi spaventa, così lo rimprovero: ‘È solo un film, non devi reagire così’. Si calma, torna gentile, mi piace l’idea che sia un uomo abbastanza impetuoso, che io però posso domare, controllare.
Non mi attira fisicamente ma sono convinta che se provassi a trasformare la nostra amicizia in qualcos’altro lui accetterebbe, che tra noi ci sia qualcosa da vivere. Così lo chiamo per proporgli una mostra di fotografia, perché istintivamente ho deciso che è arrivato il momento di parlargli. Davanti alle immagini esposte penso alla sua forza, al fatto che mi potrebbe proteggere, e alla sua fragilità, che voglio sostenere. Ammiro la sua intransigenza e la sua integrità.
Al ristorante, dopo la mostra, gli prendo la mano tra i piatti. Ha l’aria sconcertata, è sorpreso ma felice. All’uscita, per strada, gli prendo il braccio e gli propongo di andare da lui. È un piccolo appartamento, ‘dall’arredamento molto femminile’, gli dico per provocarlo. Lo bacio, suda, si spoglia. Davanti a me sembra così vulnerabile, così fragile. Ho l’impressione di avere davanti un bambino che mi idealizza, di essere la cosa più bella che abbia mai visto.
Ama la fotografia e mi scatta una raffica di foto con la sua vecchia macchina a pellicola. Il suo sguardo è così affettuoso, così avvolgente, che penso che quest’uomo mi amerà per tutta la vita, che non potrà mai tradirmi. Mi sento indistruttibile, se starò con lui sarò una persona migliore, ancorata alla sua verità. In cambio domerò la sua rabbia, lo aiuterò.
Dopo quella notte passo le feste da mia madre, nel nord della Francia. Ho il controllo della situazione e alla fine decido di andare fino in fondo. Attraverso la cittadina per raggiungere la cabina telefonica. Nel freddo della cabina di vetro digito il suo numero sui tasti metallici, lui risponde. Con la cornetta di plastica blu incollata all’orecchio sento la mia voce dirgli che lo amo. Lui, dall’altra parte della Francia, nel sud, a casa dei suoi genitori, mi risponde che anche lui mi ama. Sono inebriata dalla sensazione di essere io a dettare le regole. Ci scriviamo magnifiche lettere d’amore, mi fotografa con delle luci meravigliose.
Non sono travolta dalla passione, ma sono sommersa dal suo amore, scelgo di impegnarmi con lui, sono fiera della mia scelta, di aver scelto l’integrità e la parte migliore di me”.
L’ultimo giorno
“Mia sorella si è appena sposata. È una bella festa, siamo tutti molto felici. Al mio nuovo cognato, Tristan augura la stessa felicità che prova lui, la stessa fortuna che ha avuto sposando me ,”una donna straordinaria” con cui vive “una splendida storia d’amore”. Qualche giorno dopo, pranzo con un’amica e le dico che in vita mia non sono mai stata così felice, che Tristan ha trovato un lavoro stabile grazie a me e che ora mi posso riposare e godere di quello che ho costruito negli anni.
Tristan ricomincia a fare fotografie, ci lanciamo in un percorso di procreazione assistita per avere il nostro secondo figlio. Sono serena e tranquilla. Il tempo è bello, partiamo per un fine settimana in Italia, ma lo trovo un po’ distaccato, forse è stanco. Al ritorno vado in palestra come ogni settimana, a correre, a fare stretching, a scaricarmi. Quando rientro a casa con la borsa ancora sotto il braccio e la tuta sudata, trovo Tristan che litiga con nostro figlio. La scena è violenta. ‘Ma cosa c’è che non va?’. ‘La mia vita non va come dovrebbe, mi sento soffocare. Ho ricominciato a fotografare, ho incontrato persone libere, questa vita non mi va più bene’, sbotta, come una bomba nucleare che esplode per una sciocchezza. Sbatte la porta e mi lascia interdetta in mezzo al salotto, io che avevo sempre pensato che se un giorno uno di noi due se ne sarebbe andato, sarei stata io
Lui decide di passare un fine settimana in Normandia, per riflettere. Due giorni da solo in un albergo per rimettere in ordine le idee. La crisi è seria, ma penso che non porterà a una rottura. Al suo ritorno ci ritroviamo in un anonimo caffè, di quelli in cui si creano i brutti ricordi, come se gli arredi male assortiti influenzassero i clienti incitandoli a dire cose poco gentili. ‘Me ne vado’, mi dice semplicemente, con una brutalità secca, incredibile – nel vero senso del termine. ‘Ma è assurdo, ho quarant’anni, voglio un altro figlio’. ‘Questo è un tuo progetto, non il mio. Non ti amo più, ho sopportato troppo, non mi hai visto invecchiare’.
Mi racconta che qualche mese fa era talmente triste e disperato che ha avuto voglia di morire, e che non me ne sono neanche accorta. ‘Sono arrabbiato con te’. Sento che vuole averla vinta, che ci sarà un vincitore e uno sconfitto. Beve il suo caffè, butta due euro sul tavolo e se ne va. Quindici minuti per distruggere tutto – un figlio, un matrimonio, una vita intera.
Gli corro dietro, gli parlo per strada, lo insulto: ‘Sei uno stronzo, hai un figlio, come puoi pensare da mesi a una cosa del genere senza parlarmene?’. Si volta appena: ‘Te ne ho parlato, ti ho detto che la vita che avevamo non mi andava bene, ma tu ascolti solo te stessa’. La sua decisione è netta, non ha esitazioni, con la rabbia di cui è capace va fino in fondo. Ho l’impressione di aver vissuto con un pitbull che alla fine mi è saltato alla gola. Torniamo nel nostro appartamento perché prenda le sue cose. In quel momento rivedo la rabbia di quella volta all’uscita del cinema, anni prima.
Più tardi torna a casa per prendere gli oggetti di valore, quelli che ritiene suoi. È fragile, emotivamente instabile, io gli sono servita da rifugio, da punto di riferimento. La mia figura, che lo ha rassicurato per tanti anni, ha finito per opprimerlo. Era inevitabile e non me ne sono resa conto. Ha cominciato a demolire a martellate il piedistallo su cui mi aveva messo. Subito dopo essere andato via si è fatto un tatuaggio di quindici centimetri sulla schiena con la scritta ‘indipendenza’”.
(Traduzione di Andrea De Ritis)
Amore che vieni, amore che vai è una serie del quotidiano francese Le Monde che racconta il primo e l’ultimo giorno di una storia d’amore. Qui ci sono tutte le puntate.
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