Questo articolo è stato pubblicato l’8 febbraio 2019 nel numero 1293 di Internazionale.

Il messaggio di Greta Thunberg al mondo ha raggiunto Davos un giorno prima di lei. Infatti Greta è ancora in treno, visto che ci vogliono 32 ore per attraversare l’Europa da un capo all’altro e discutere di cambiamento climatico al Forum economico mondiale. Il messaggio l’ha registrato prima di partire, su una piazza davanti al parlamento svedese, a Stoccolma. Si vede lei, Greta, una ragazza di 16 anni infagottata in una giacca a vento bordeaux. Le sue lunghe trecce quasi scompaiono sotto il berretto e la sciarpa di lana.

Le sue parole sono accompagnate da nuvolette di fiato gelato: “C’è chi dice che la crisi del clima l’abbiamo provocata tutti quanti. Ma è solo una comoda bugia. Perché quando tutti sono colpevoli, nessuno è colpevole. Invece di colpevoli ce ne sono, eccome”. Greta ha postato su Twitter questo video mentre era ancora in viaggio, una ragazzina in uno scompartimento ferroviario.

Al Forum economico mondiale, il vertice che ogni anno riunisce a Davos, in Svizzera, i leader economici e politici di tutto il mondo, il nome di Greta Thunberg non è tra quelli degli oratori in scaletta. Ma Jennifer Morgan, direttrice di Greenpeace, ha insistito perché il messaggio della ragazza arrivasse lo stesso ai partecipanti e scorresse su uno schermo nel centro congressi di Davos.

Ottenerlo, spiegherà Morgan più tardi, non è stato facile: “Io però ho cercato di dirglielo chiaro e tondo: che figura ci fa il forum di Davos a concedere la parola a Bolsonaro e negarla a una sedicenne che ha addirittura fatto partire un movimento?”. Greta lancia accuse implacabili. Questa studente svedese è riuscita dove organizzazioni enormi come Greenpeace hanno fallito. Ora migliaia di adolescenti seguono il suo esempio e scendono in piazza per ricordare agli adulti le loro responsabilità in materia di cambiamento climatico.

La ragazza ha il volto coperto di lana a eccezione di una fessura per gli occhi quando, la sera del 23 gennaio, sale fin sulla Schatzalp partendo da una delle tende dell’Arctic basecamp. Sì, perché trecento metri sopra la promenade di Davos, nel freddo glaciale, alcuni ricercatori della Lancaster university che studiano il clima dei poli hanno allestito un accampamento. Da lì illustrano il loro lavoro, e i risultati delle loro ricerche sono allarmanti. Ma la maggior parte dei venti giornalisti presenti, che cercano di scaldarsi con l’aiuto di bracieri, sta aspettando Greta.

Il 20 agosto 2018, quando era andata in piazza per protestare contro il cambiamento climatico, il mondo non le aveva prestato attenzione. Era rimasta seduta da sola davanti al parlamento svedese. Accanto aveva un cartello su cui aveva scritto a mano le parole: skolstrejk för klimatet, sciopero scolastico per il clima, più una pila di volantini che dicevano: “Di solito noi ragazzi non facciamo quello che gli adulti ci dicono di fare: li imitiamo. E visto che voi cagate sul mio futuro, ci cago anch’io”.

Il giorno dopo c’erano altri ragazzi seduti accanto a lei. Quello è stato l’inizio. Da allora, ogni venerdì gli studenti scendono in piazza in Germania, in Italia, nel Regno Unito, in Uganda, in Australia e negli Stati Uniti, sotto l’hashtag
#FridaysForFuture. Ora tutto il mondo vuole sapere chi è quella ragazza che è riuscita da sola a mobilitare le masse.

A monosillabi

Dopo aver ottenuto dalla scuola una giustificazione per la sua assenza dovuta all’invito a Davos, Greta ha raggiunto la destinazione del suo viaggio. Ha l’aria stanca, e alle domande dei giornalisti risponde a bassa voce e a monosillabi.

“Perché sei venuta a Davos?”.
“Perché sono stata invitata”.
“Cosa vuoi cambiare?”.
“Tutto”.
“Secondo te c’è speranza?”.
“No”.

Trascorre la prima notte all’aperto, in compagnia dei ricercatori. È un’avventura, dice: “C’è chi arriva a Davos a bordo di un aereo privato e dorme in alberghi di lusso. Altri arrivano in treno e dormono in tenda”. Ma non sente un po’ freddo, visto che siamo 18 gradi sotto lo zero? “Sì, sono un tantino preoccupata”, risponde Greta con un sorrisetto. L’atmosfera si fa subito più distesa quando l’ironia si fa strada attraverso la sua dolce severità, e forse è per questo che Greta la usa con parsimonia: non è mica venuta qui per divertirsi.

Un’ong le ha messo a disposizione un consulente per gestire l’agenda degli incontri con la stampa a Davos. Il consulente, che sta a Bruxelles, ci informa che purtroppo non è possibile avere colloqui privati con Greta ma che, forse, a margine degli incontri ufficiali, avremo la possibilità di rivolgerle delle domande.

Chi desidera accompagnare Greta Thunberg durante il suo soggiorno a Davos deve correrle dietro. Per esempio, nella tarda mattinata del 24 gennaio deve prendere con lei l’ascensore che scende dalla Schatzalp alla promenade, come ha fatto il collega del quotidiano britannico The Guardian, scoprendo così che di venerdì Greta salta le lezioni di sport, di geografia e di religione.

Oppure bisogna farsi da parte per non ostruire la visuale ai colleghi francesi, che la riprendono mentre davanti alle telecamere dice: “I giovani più di tutti dovrebbero rendersi conto che se non si fa qualcosa – prestissimo, adesso, subito – il loro futuro è a rischio”. Lungo la strada che conduce al Panorama Dome, dov’è attesa a pranzo, scrive un tweet con lo smartphone. “Un giornalista belga mi ha appena detto che oggi a Bruxelles 35mila studenti hanno partecipato alla protesta! Grandi!”.

A un certo punto però riusciamo ad acciuffare Greta per parlarci un quarto d’ora.

“Visto che baraonda, Greta?”.
“Questi vertici sono sempre frenetici, ma l’interesse nei miei confronti non durerà a lungo”.
“Perché pensi questo?”.
“Perché è sempre così”.

È evidente che Greta sopporta, ma non gradisce, di essere al centro di tanta attenzione: mentre conversiamo tiene quasi sempre lo sguardo a terra e stringe le palpebre come se dovesse spremere fuori ogni frase. A volte, alla fine di una frase sembra che intorno a lei cali un muro di vetro.

Tutto bianco, tutto nero

La protesta di Greta Thunberg davanti al parlamento a Stoccolma, in Svezia, 30 novembre 2018. (Hanna Franzen, TT news agency/Afp/Getty Images)

Greta Thunberg aveva undici anni quando i medici le hanno diagnosticato la sindrome di Asperger, una forma di autismo. Le persone con questa sindrome hanno spesso difficoltà nell’interazione con gli altri e tendono a sviluppare interessi particolari.

Greta ha raccontato alla tv svedese come la sua particolare percezione, che le fa vedere tutto bianco o tutto nero, l’abbia aiutata a riconoscere la crisi del clima per quello che è: un’emergenza che non ammette soluzioni sfumate. “Se non avessi l’Asperger, se non fossi così strana, forse sarei rimasta impigliata in questo gioco di società che appassiona tanto gli altri”. Quando Greta parla della sindrome di Asperger, sembra quasi che i disturbi dello spettro autistico possano essere delle armi di protesta politica nel ventunesimo secolo.

Per Greta tutto è cominciato con un documentario sui rifiuti di plastica presenti nel mare. Quando l’hanno proiettato a scuola, anni fa, quel documentario l’ha sconvolta. Ha pianto molto, parlato poco e a un certo punto ha addirittura smesso di mangiare, tanto che i suoi genitori, su consiglio di uno psicologo, hanno cominciato a prender nota di quanto cibo mangiava e quanto impiegava a farlo.

“Colazione: un terzo di banana in 53 minuti. Pranzo: cinque gnocchi in due ore e dieci minuti”. In seguito Malena Ernman, la madre di Greta e nota cantante d’opera che nel 2009 ha rappresentato la Svezia all’Eurovision, ha pubblicato un libro intitolato Scener ur hjärtat (scene dal cuore). Nel libro Malena ha scritto che le immagini dei rifiuti di plastica in mare si sono impresse sulla retina di sua figlia come un marchio a fuoco. E che, da allora, Greta vede ciò che gli altri non vogliono vedere.

In Germania il libro della madre di Greta non è ancora stato pubblicato e noi ne abbiamo letto solo qualche estratto in inglese. Ma siccome in Svezia è uscito il quarto giorno dello sciopero scolastico di Greta, Ernman è stata accusata di sfruttare la figlia per farsi pubblicità, cosa che lei smentisce categoricamente.

Eppure il sospetto che certi adulti – il padre, la madre, quelli della lobby ambientalista – abbiano fatto di Greta il megafono dei loro interessi particolari torna sempre a galla, anche perché le sue parole suonano molto precise e affilate. Del resto Greta non nega di farsi aiutare, ogni tanto, a mettere i suoi pensieri in parole, soprattutto dal padre.

“Greta, ti fa innervosire quando ti attaccano sui social network?”.
“Succede. La gente sparge voci sul mio conto. Chiaro, la cosa mi disturba un po’. Ma dimostra anche che sta succedendo qualcosa da cui la gente si sente minacciata. E questo è un bene”.

Durante le conferenze stampa a Davos, Greta usa spesso brani di discorsi che ha fatto nei mesi passati, per esempio in occasione delle grandi manifestazioni di Londra e di Helsinki, della Ted che ha fatto a Stoccolma o del vertice di Katowice sul cambiamento climatico. Eccone uno: “Noi non andiamo a mendicare la comprensione dei politici. In passato ci hanno ignorato e continueranno a farlo. Ma le cose cambieranno, che gli piaccia o no”.

Neve illuminata

Molti non credono che le cose che Greta dice siano farina del suo sacco probabilmente perché sembra più giovane della sua età. Al pranzo che si tiene nel Panorama Dome di Davos, il posto di Greta è proprio davanti al podio dove si discute del futuro del pianeta, su uno sfondo di neve illuminata dal sole. Gli oratori sono Bono Vox, il leader degli U2, il musicista Will.i.am, l’etologa Jane Goodall, la diplomatica Christiana Figueres.

Greta si è sfilata dalle spalle le bretelle dei pantaloni rosa da sci e ha i capelli tutti spettinati. Beve un sorso dalla sua borraccia, mangia fragole (sì, fragole a gennaio: le hanno rimproverato anche questo) e sembra una bambina parcheggiata lì dai genitori.

Alla fine, quando il moderatore del dibattito le si avvicina e le chiede se le va di aggiungere qualcosa, Greta si alza in piedi senza esitazione e ripete un passo del suo messaggio a Davos: “C’è chi dice che la crisi del clima l’abbiamo provocata tutti quanti. Ma è solo una comoda bugia. Perché quando tutti sono colpevoli, nessuno è colpevole. Invece di colpevoli ce ne sono, eccome. Certe persone, certe aziende, soprattutto certi leader politici sapevano esattamente quale valore incalcolabile stavano sacrificando pur di continuare a guadagnare quantità incredibili di denaro”. Ma poi aggiunge: “Credo che alcuni di loro siano qui ora”.

Più tardi, prima di caricare il video su Twitter, gli organizzatori taglieranno questo passaggio. Naturalmente, è possibile che qualcuno le abbia messo in bocca questi discorsi. Ma è difficile credere che le abbia dato il coraggio di sputarli nel piatto dei signori di Davos, proprio sotto i loro occhi.

“Ti è costato molto sforzo, Greta?”.
“Non ci penso più. Non sono brava a dire bugie, come molti di noi che abbiamo l’Asperger”.

Effettivamente Greta non sembra proprio il tipo che si fa dire quello che deve fare. Dà piuttosto l’impressione di essere una persona che ha finalmente trovato il modo di costringere gli altri ad ascoltare: a partire dai suoi genitori. Racconta che sua madre ha rinunciato alla carriera per non dover più volare. E suo padre Svante, un attore, da sei mesi mangia vegano e l’accompagna a ogni conferenza: anche qui a Davos. “Altri ragazzi vanno a cavallo oppure sciano”, commenta lui. “Questo è l’hobby di Greta, e io semplicemente le sto accanto”.

Il 25 gennaio Greta scrive il suo primo tweet alle 7.02 del mattino. “Sono stata invitata a incontrare Klaus Schwab e Christine Lagarde. Dopo parlerò al Forum economico mondiale e alle 11.15 terrò una conferenza stampa nella Icehouse, al numero 93 della promenade. Poi, qui a Davos intorno alle 12 i ragazzi delle scuole fanno sciopero”.

Mentre percorre la promenade, la segue un piccolo sciame di fotoreporter. Gli altri giornalisti, una cinquantina, aspettano l’inizio della conferenza stampa. Greta legge il testo che ha presentato pochi minuti prima al forum. Chiude con queste parole: “Gli adulti dicono sempre: ‘Abbiamo il dovere di dare una speranza ai giovani’. Io però la vostra speranza non la voglio. Non voglio che siate ottimisti, voglio che vi prenda il panico. Voglio che proviate la paura che provo io ogni giorno. E poi voglio che passiate all’azione. Voglio che facciate come si fa in qualsiasi emergenza. Voglio che facciate come se casa vostra andasse a fuoco. Perché sta andando a fuoco”.

Mentre va alla manifestazione, è costretta a farsi largo tra macchine fotografiche e microfoni. I giornalisti si spintonano, uno cade per terra. Il traffico si ferma. Lei sparisce a un angolo di strada, dietro i giornalisti e i fotoreporter. Lì si è radunato un gruppetto di studenti svizzeri. Due ragazze cercano di arrampicarsi su un muro e di mettersi in posa per i fotografi. Qualche studente si fa un selfie ridendo.

In mezzo a loro c’è Greta, seduta per terra tra la neve, seria e muta, come fosse sotto vetro, e strizza le palpebre per il sole. Passa una signora che fa jogging in pelliccia nera. È costretta a evitarla, scuote il capo e ride sprezzante: “Ach, Grrrrretttta, Grrrrretttta, Grrrrretttta”.

Il treno parte da Davos il pomeriggio del 25 gennaio. Alcuni passeggeri stanno filmando dai finestrini le montagne innevate. Non fanno attenzione alla ragazza con le trecce seduta accanto.

“Spesso mi sento dire: ‘Quanto sei brava, quanto sei coraggiosa’. Ma in realtà io sono timida. È per questo che davanti al parlamento ero seduta da sola. Se non fossi così timida sarei entrata a far parte di qualche organizzazione insieme ad altri ragazzi. Ma siccome non sono capace, preferisco fare da sola”.
Da qui a Stoccolma l’aspettano trentadue ore di viaggio.

(Traduzione di Marina Astrologo)

Questo articolo è stato pubblicato l’8 febbraio 2019 nel numero 1293 di Internazionale.

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