Tagliare i corni dei rinoceronti è uno dei modi più efficaci per ridurre il bracconaggio, conferma uno studio pubblicato su Science.

Il corno del rinoceronte (che in realtà è fatto di cheratina) è molto richiesto sul mercato nero in Cina e in altri paesi asiatici, dove è usato nella medicina tradizionale nonostante non ci siano prove dei suoi effetti benefici.

La sua rimozione, di solito eseguita con una motosega mentre l’animale è sedato e bendato, elimina quindi il principale incentivo al bracconaggio.

Ma questa pratica è considerata troppo invasiva da alcuni esperti di conservazione, che oltre alla sofferenza e allo stress sottolineano le possibili conseguenze sul comportamento dei rinoceronti.

Uno studio condotto per sette anni in undici riserve nella zona del parco nazionale Kruger, in Sudafrica, dove vive circa un quarto dei rinoceronti rimasti nel continente, ha però concluso che i benefici superano di gran lunga gli effetti negativi.

Nelle aree dove i corni erano stati rimossi il numero di animali uccisi è infatti calato del 78 per cento rispetto alle altre. Il bracconaggio residuo ha preso di mira i corni tagliati parzialmente o ricresciuti, rivelando l’importanza di ripetere regolarmente l’operazione.

A livello di costi il taglio del corno si è rivelato molto più efficiente rispetto ad altre misure, come il rafforzamento dei controlli e l’installazione di sistemi di sorveglianza.

L’aumento degli arresti infatti non è sufficiente a scoraggiare i bracconieri, che sono disposti a correre rischi considerevoli a causa dei potenziali guadagni e della mancanza di alternative.

Questo testo è tratto dalla newsletter Pianeta

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