Questo testo è tratto dall’introduzione di Elisabetta Tola al libro La longevità felice. La nuova scienza per invecchiare bene (Bur-Rizzoli 2025).

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Non siamo eterni, e per fortuna: la vita ha bisogno di ricambio e nuove generazioni. Oggi però viviamo molto a lungo. In Italia, l’aspettativa di vita è passata da poco più di quarant’anni a inizio Novecento agli oltre ottanta della fine del secolo. Ma il tema centrale non è tanto la durata quanto la qualità di questo tempo lungo che abbiamo guadagnato, che dovrebbe poter essere vissuto in salute, con dignità e partecipazione attiva nella collettività di cui facciamo parte. E qui ci vengono in aiuto la scienza, la ricerca ma anche le buone pratiche sociali. Perché, come scriveva Cicerone, “Non bisogna provvedere solo al corpo, ma molto di più alla mente e all’animo”. Come? Leggendo, per esempio. Tra le mani avete una raccolta di dieci articoli pubblicati su giornali e riviste internazionali che affrontano il tema della longevità da diverse prospettive. E lo fanno seguendo un filo rosso che si snoda attraverso dieci parole chiave.

Scopriamo così che siamo già molto avanti nella sperimentazione di vaccini innovativi che puntano a prevenire diversi tumori e malattie neurodegenerative, e perfino a contrastare l’invecchiamento cellulare. La ricerca si concentra anche sull’individuazione di marcatori genetici e fattori di predisposizione e rischio allo sviluppo delle patologie ma anche dei processi fisiologici dell’invecchiamento, per capire dove agire in forma preventiva e dove recuperare, quando è ancora possibile, capacità cognitive compromesse, come la memoria.

E anche se c’è chi indaga sull’eternità possibile, cercando di chiarire quali siano i fattori chiave dietro le storie dei centenari e degli ultracentenari, sviluppando anche progetti specifici nelle cosiddette Zone Blu, quelle aree del mondo dove le persone vivono significativamente più a lungo della media, come la Sardegna o il Giappone, l’analisi statistica sulla popolazione più ampia ci dice che è su quel tempo in più, quell’arco di vita sana, che dobbiamo puntare gli sforzi. Perché se in pochi arriveranno oltre i centovent’anni, sono miliardi le persone che hanno una prospettiva di decenni di vecchiaia. Non è chiaramente solo una questione scientifico-medica né tanto meno una sfida individuale. Al contrario, è nella dimensione collettiva e sociale che questo tema prende forza.

La longevità mette in crisi schemi consolidati, come il sistema pensionistico, il welfare, l’organizzazione del lavoro. E dunque nascono ipotesi nelle quali si rimescolano e si rendono più fluide le fasi della vita, la formazione, il lavoro e il tempo libero, considerato che un anziano in salute è in grado di partecipare pienamente alla vita della propria comunità. A patto, naturalmente, che si lavori anche sulla dimensione culturale e su quella relazionale. Oggi sappiamo che l’ageismo, e cioè l’insieme degli stereotipi negativi sull’invecchiamento, ha un impatto misurabile sulla nostra salute fisica e mentale.

Diverse ricerche hanno dimostrato che le persone che interiorizzano un’immagine negativa dell’età avanzata fin da piccole mostrano un maggiore rischio cardiovascolare, livelli più alti di stress e un declino cognitivo, accelerato già nel corso dell’età adulta e, naturalmente, in quella avanzata. Uno dei pregiudizi più forti ha a che fare con la dimensione della sessualità, spesso considerata un tabù, nonostante sia riconosciuta come un fattore di protezione per la salute.

Combattere l’ageismo non è solo una questione di equità sociale, dunque, ma una vera e propria strategia di prevenzione sanitaria. Fondamentale è anche la dimensione collettiva che favorisce l’integrazione tra generazioni. Il libro si chiude infatti sul tema delle relazioni, raccontando l’esperienza di Belong nel Nord Inghilterra, dove anziani e bambini condividono le giornate con benefici reciproci. Un modello di comunità che dimostra che invecchiare bene dipende anche dal modo in cui costruiamo spazi di inclusione e continuità tra le generazioni con l’obiettivo di crescere una società più equa, e capace di adattarsi a una trasformazione che è già in corso.

Questo testo è tratto dall’introduzione di Elisabetta Tola al libro La longevità felice. La nuova scienza per invecchiare bene (Bur-Rizzoli 2025).

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