Mentre Taiwan festeggiava la vittoria di Tsai Ing-wen, la candidata del Partito democratico progressista che l’11 gennaio si è aggiudicata un secondo mandato presidenziale con più del 57 per cento dei voti, Pechino ha dichiarato che Taiwan continuerà a essere parte della Cina. “Il consenso universale nei confronti del principio ‘una sola Cina’ non cambierà”, ha detto il ministero degli esteri cinese. Per molti osservatori, tuttavia, il risultato elettorale è un segnale evidente del fallimento della politica adottata negli ultimi quattro anni da Pechino nei confronti di Taiwan per avvicinare l’isola alla riunificazione.
Tsai e il suo partito sostengono l’indipendenza di Taiwan e rifiutano il principio di “una sola Cina”, in base al quale Taiwan e la Cina continentale formano un unico paese e il Partito comunista cinese è l’unico legittimato a governarlo. Dalla prima vittoria di Tsai nel 2016 Pechino ha assunto posizioni sempre più aggressive, intensificando le manovre militari e isolando Taiwan dal punto di vista diplomatico.
“Il fatto che Tsai abbia conquistato ancora più voti rispetto a quattro anni fa può essere interpretato da Pechino solo come un fallimento”, dice Kharis Templeman del Taiwan democracy and security project dell’università di Stanford. “È chiaro che gli sforzi per alimentare la disinformazione e influenzare le elezioni non hanno funzionato”. Altri esperti sostengono che la politica oltranzista della Cina abbia convinto molti taiwanesi ad andare a votare. L’affluenza, in effetti, ha sfiorato il 75 per cento, un record storico. “Tradizionalmente l’affluenza tra i giovani è molto bassa a Taiwan, ma le pressioni della Cina e le proteste a Hong Kong hanno spinto tanti a recarsi alle urne”, dice Yen Wei-Ting, politologo taiwanese del Franklin and Marshall college, negli Stati Uniti.
Parlando dopo la vittoria, Tsai ha ribadito il suo impegno a mantenere un rapporto pacifico e stabile con Pechino e ha sottolineato che la responsabilità di garantire la pace è di entrambe le parti: “Mi appello alle autorità cinesi per ricordargli che la pace, la parità, la democrazia e il dialogo sono cruciali per la stabilità tra le due sponde dello stretto”, ha detto Tsai. “Questa è l’unica via per unire i nostri due popoli e fare il loro bene”.
Ora la Cina dovrà aggiustare la sua politica sullo stretto. Per il taiwanese Austin Wang, docente di scienze politiche all’università del Nevada, Pechino seguirà due direzioni: “Inasprirà la sua linea politica più dura e attenuerà quella più morbida. È molto probabile che lancerà nuove azioni militari per creare conflitti diretti o indiretti con Taipei. Potrebbe anche aumentare la frequenza degli attacchi informatici diretti contro l’isola, intralciando il funzionamento del governo”. Secondo Templeman, però, le pressioni interne a Pechino potrebbero portare il presidente cinese Xi Jinping a mantenere la linea immutata per i prossimi quattro anni, cercando di isolare Taiwan e di schiacciare l’amministrazione Tsai, e creando nello stesso tempo nuove frizioni con gli Stati Uniti per la loro politica nei confronti di Taiwan”.
Democrazia cinese
Tsai ha inoltre ribadito il suo impegno a lavorare insieme a paesi affini in giro per il mondo. Taiwan vuole così mostrare quale sarebbe l’aspetto di una democrazia cinese. “La Repubblica di Cina (nome ufficiale di Taiwan) è un membro indispensabile della comunità internazionale”, ha detto Tsai. “Vogliamo condividere le responsabilità con gli altri paesi, partecipare a una prosperità condivisa e contribuire a mantenere la pace e la stabilità regionali. Tutti i paesi dovrebbero considerare Taiwan un partner”.
Dal 2016 Pechino ha fatto aumentare l’isolamento di Taiwan. Da quando Tsai è arrivata al governo, Taipei ha perso sette partner diplomatici e oggi solo quindici piccoli stati hanno relazioni con Taiwan. Ma l’isola mantiene rapporti informali con molti paesi in tutto il mondo. Gli Stati Uniti sono il più importante partner strategico di Taipei e, dice Templeman, Tsai continuerà ad approfondire la collaborazione con Washington. Tra l’altro, aggiunge Wang, “per i paesi che mantengono relazioni con Taipei, il livello di coinvolgimento si decide in base all’aiuto che gli Stati Uniti sono in grado di offrire per equilibrare le pressioni provenienti dalla Cina”. ◆ gim
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Questo articolo è uscito sul numero 1341 di Internazionale, a pagina 26. Compra questo numero | Abbonati