Si è chiusa la pagina dei sequestri, una delle eredità più dolorose della strategia usata per più di cinquant’anni dalla guerriglia delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc). Il 16 settembre la Giurisdizione speciale per la pace (Jep), il tribunale creato dopo l’accordo di pace del 2016 tra il gruppo armato e il governo di Bogotá per giudicare i crimini del conflitto, ha emesso la sua prima sentenza contro sette ex leader delle Farc. Gli imputati, che hanno ammesso la loro responsabilità nel ricorso sistematico alla pratica del sequestro, non andranno in carcere. Dovranno dedicarsi per otto anni ad attività sul territorio come lo sminamento, la ricerca delle persone scomparse e i progetti di risanamento ambientale.
I condannati sono Rodrigo Londoño Echeverri detto Timochenko, Pastor Alape Lascarro, Milton de Jesús Toncel Redondo noto come Joaquín Gómez, Jaime Alberto Parra Rodríguez, Pablo Catatumbo Torres Victoria, Rodrigo Granda Escobar e Julián Gallo Cubillos. Tutti facevano parte della dirigenza delle Farc al momento dell’accordo di pace con il governo dell’allora presidente Juan Manuel Santos. Anche se la maggioranza dei sequestri è stata eseguita da guerriglieri di rango intermedio, la Jep ha riconosciuto alla cupola dell’organizzazione la colpa di aver progettato e sostenuto quest’attività.
“La responsabilità non è solo di chi ha realizzato i sequestri, ma anche di chi, dal vertice, ha creato le condizioni strutturali per rendere possibili questi crimini”, ha spiegato il magistrato Camilo Andrés Suárez leggendo la sentenza.
Il verdetto è stato emesso in presenza della missione di verifica dell’Onu, della Corte penale internazionale e dei delegati del sistema interamericano di diritti umani. Il magistrato Alejandro Ramelli, presidente della Jep, ha dedicato un omaggio alle 21.936 vittime di sequestro accertate in Colombia. “Le sentenze del tribunale non servono a punire, ma ad aprire nuovi percorsi”, ha detto. “Le condanne non vi restituiranno quello che avete perso. Non potranno cambiare un passato doloroso né recuperare il tempo perduto, e nemmeno guarire completamente le ferite profonde. Nessun verdetto al mondo potrebbe farlo, ma noi vogliamo alleviare il vostro dolore e quello delle vostre famiglie”.
Anche se gli ex guerriglieri eviteranno il carcere (diversamente da quanto succede nei processi della giustizia ordinaria), dovranno impegnarsi in “opere che ricostruiscano ciò che è stato distrutto dalla guerra e favoriscano la riconciliazione in un paese che la reclama. È una giustizia che semina vita negli stessi luoghi dove la vita è stata distrutta dai sequestri”, ha sottolineato Ramelli. La sentenza, contenuta in un documento di 663 pagine, punisce anche i crimini commessi mentre i prigionieri erano tenuti sotto sequestro, come gli omicidi, le sparizioni forzate, il trasferimento coatto, il lavoro coatto, la tortura, gli atti di crudeltà e la violenza sessuale.
“Gli imputati sono responsabili penalmente di crimini di guerra e contro l’umanità”, ha concluso Suárez.
Messaggio univoco
Per otto anni gli ex combattenti saranno coinvolti in progetti di risanamento in cinque aree tematiche. La prima, quella della memoria e del risarcimento simbolico, comprende iniziative come l’installazione di targhe e manufatti commemorativi, la partecipazione a progetti digitali, la creazione di un sito web e l’organizzazione di spazi dedicati al perdono, al dialogo e agli incontri con le vittime.
◆ Il 18 settembre 2025 la Giurisdizione speciale per la pace, il tribunale incaricato di giudicare i crimini commessi durante sessant’anni di conflitto armato in Colombia, ha condannato per la prima volta degli ex militari per sparizioni forzate di civili e 135 omicidi commessi tra il 2002 e il 2005. I fatti sono legati al cosiddetto scandalo dei “falsi positivi”, in cui i militari uccidevano civili presentandoli come guerriglieri caduti in combattimento. Afp
Poi c’è la ricerca delle persone scomparse. Gli ex leader delle Farc dovranno fornire informazioni, collaborare con l’Unidad de búsqueda de personas desaparecidas, stabilire coordinate, creare mappe tematiche e partecipare a giornate di recupero di resti ossei. Una delle zone su cui si concentrerà questa attività è il cimitero di Palmira, nel dipartimento di Valle del Cauca, “per dare la dignità di persone identificate alle vittime sepolte nella struttura”, ha spiegato la Jep.
La terza area riguarda progetti ecologici in zone dove gli imputati hanno operato durante il conflitto, attraverso l’installazione di vivai, la protezione delle specie autoctone, la coltivazione di prodotti che garantiscano un’autosufficienza alimentare alle famiglie di determinate zone, i processi pedagogici di conservazione ambientale e la realizzazione di percorsi di ecoturismo in collaborazione con le vittime del conflitto.
La quarta area è legata allo sminamento umanitario. I condannati dovranno partecipare a eventi di sensibilizzazione, a spazi di dialogo e a giornate dedicate allo sminamento nei territori colpiti dalle loro attività guerrigliere. Infine ci saranno incontri riparatori con le vittime, dialoghi basati sulla verità e atti di riconciliazione, che si concentreranno nelle città di Cali e Neiva, dove vive la maggior parte delle persone coinvolte nel conflitto.
L’applicazione del verdetto sarà verificata dalla missione dell’Onu, con l’appoggio di sistemi di georeferenziazione e rapporti periodici. Gli ex leader guerriglieri dovranno trasferirsi vicino alle zone d’intervento. Conserveranno i loro diritti politici e potranno militare nel partito Comunes, anche se le attività stabilite dalla sentenza devono avere la priorità sul resto. Il tribunale ha poi sottolineato che ci sono rischi evidenti per la sicurezza dei leader condannati e ha invitato il ministero della difesa a rafforzare le misure di protezione.
Al termine dell’udienza il magistrato Suárez si è rivolto alle vittime e al paese: “Il messaggio di questa sentenza è univoco”, ha detto. “Questi crimini atroci non restano impuniti. Le sanzioni vogliono riconoscere la dignità delle vittime e garantire che fatti come quelli presi in esame non si ripetano”.
Gli ex combattenti torneranno nei territori dove i sequestri hanno causato i danni più gravi. Sotto lo sguardo delle comunità locali e l’attenzione delle organizzazioni internazionali, dovranno dimostrare la loro volontà di risarcire le vittime e le loro famiglie.◆as
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Questo articolo è uscito sul numero 1633 di Internazionale, a pagina 35. Compra questo numero | Abbonati