Se ciascuna delle oltre cinquanta studenti uccise sabato da un’autobomba piazzata fuori dalla scuola superiore Sayed Al Shuhada di Kabul fosse riuscita ad arrivare al diploma, per l’Afghanistan sarebbe stato un successo. E invece non sono state neanche le prime questo mese a morire in un attentato simile. Il 1 maggio un’altra autobomba era esplosa nella provincia di Logar, davanti a una pensione dove alloggiava un gruppo di studenti arrivati nella capitale per l’esame di ammissione all’università.
Mentre l’Afghanistan si prepara a entrare in una nuova fase della sua storia – una fase segnata dal ritiro accelerato delle forze statunitensi e dei loro alleati – uno dei principali banchi di prova sarà il modo in cui riuscirà ad affrontare l’avvilente problema che paralizza il suo sistema educativo e, insieme, le speranze di progresso del paese.
L’Afghanistan non potrà diventare un paese stabile e ricco se i giovani non riceveranno un’istruzione, e questo non potrà avvenire se il paese è instabile e privo di risorse. Era considerata una questione fondamentale già quando gli Stati Uniti invasero l’Afghanistan nel 2001 e la maggior parte degli afgani nati nei vent’anni precedenti non aveva ricevuto un’istruzione. Due decenni dopo il problema rimane. E tenuto conto che quella afgana è una delle popolazioni più giovani del mondo (il 40 per cento ha meno di 15 anni), lasciare che la situazione si aggravi significa che le conseguenze negli anni a venire potranno solo peggiorare.
Secondo la Banca mondiale sono quattro i requisiti di base che le scuole devono avere perché gli studenti apprendano: insegnanti qualificati e motivati, gestione efficace degli istituti scolastici, risorse adeguate e capacità di preparare gli studenti. Secondo un sondaggio condotto dall’organizzazione nel 2019, l’Afghanistan mostra delle gravi carenze in tutti e quattro. Gli insegnanti incompetenti sono molto più numerosi di quelli competenti. Il sondaggio della Banca mondiale ha rilevato che nelle quarte elementari solo il 40 per cento degli insegnanti ha una padronanza del piano di studi di lingua; ancora meno numerosi sono quelli con una qualche competenza in matematica. Nella scuola primaria ogni minuto di apprendimento con un buon insegnante è ancora più prezioso, visto che la giornata scolastica dura solo tre ore e mezza. Questo significa che i bambini afgani “ricevono un insegnamento meno efficace rispetto ai bambini di un qualsiasi paese dell’Africa subsahariana”.
Condizioni proibitive
Anche quando gli insegnanti competenti ci sono, spesso sono costretti a fare dei tragitti lunghi e pericolosi per raggiungere le scuole che hanno bisogno di loro. Lo stesso vale per il personale amministrativo e per gli incaricati di sorvegliare le sessioni d’esame. Se gli studenti uccisi nell’attentato alla pensione di Logar erano riusciti a raggiungere Kabul per partecipare all’esame d’ammissione all’università, la maggior parte dei loro coetanei nel resto del paese non ha questa possibilità. In alcuni posti gli studenti sono stati costretti a fare gli esami con settimane o mesi di anticipo a causa della carenza di sorveglianti mandati dalla capitale. A causa di un sistema d’istruzione nazionale fortemente centralizzato ma molto debole, la formazione del personale locale non è consentita.
In altre circostanze anticipare gli esami sarebbe stato solo frustrante. Ma nell’Afghanistan rurale può essere anche fisicamente estenuante, perché gli esami spesso si devono svolgere all’aperto. Quasi la metà delle 18mila scuole del paese non ha strutture adeguate e più di 450 sono state chiuse, spesso a causa dei danni provocati dalla guerra in corso. Nella provincia di Daykundi, nell’Afghanistan centrale, quest’anno gli esami si sono dovuti tenere all’inizio di marzo. Sui social network sono circolate le foto di centinaia di studenti seduti per terra, all’aperto, su un terreno coperto di neve con i fogli sulle gambe.
◆ L’8 maggio 2021 più di sessanta persone sono morte e più di 150 sono rimaste ferite in diverse esplosioni davanti a una scuola superiore di Kabul. L’istituto si trova in una zona della città abitata dagli hazara, una minoranza sciita presa di mira dagli estremisti sunniti del gruppo Stato islamico. Nessuno ha rivendicato l’attentato, in cui sono morte soprattutto ragazze. I taliban, accusati dal governo di Kabul, hanno negato ogni responsabilità. Da quando gli Stati Uniti **hanno annunciato il ritiro delle truppe dall’Afghanistan, avviato il 1 maggio, gli attacchi contro i civili sono aumentati. Nei giorni successivi all’attentato quaranta persone sono morte in dieci province. I taliban hanno annunciato un cessate il fuoco per i tre giorni dell’Eid, la festa della fine del Ramadan. **Tolo News
Gli studenti che affrontano simili circostanze – che hanno il privilegio di poterle affrontare – sono appena più numerosi degli insegnanti competenti che li preparano. Quasi quattro milioni di bambini afgani non sono iscritti a scuola, su un totale di 8,4 milioni di minori in età scolare. Nel 2020 la pandemia di covid-19 ha costretto centinaia di milioni di bambini in tutto il mondo a rinunciare alla didattica in classe, ma in Afghanistan le conseguenze sono state particolarmente catastrofiche. Secondo le stime dell’Onu, oggi il 40 per cento circa dei giovani afgani non studia né lavora.
C’è un legame pericoloso tra questa grave carenza d’istruzione e il rischio che il paese rimanga bloccato nella guerra. E anche se fa pensare al paradosso dell’uovo e della gallina, la stabilità richiede l’istruzione e viceversa.
In un paese povero come l’Afghanistan c’è un’unica risorsa davvero preziosa: il potenziale del suo popolo. Ciascuna delle parti in conflitto – il governo, i taliban o chiunque altro – deve riconoscere il valore fondamentale dell’istruzione se vuol vedere il paese prosperare. Anche un governo estremista ha bisogno di ingegneri e di medici o scienziati che proteggano la popolazione dalla pandemia. I miliziani devono convincersi che attaccare gli studenti è contro il loro interesse.
Uno studente che quest’anno ha partecipato agli esami d’ammissione all’università nella provincia di Paktia lo sa meglio di chiunque altro. Ha settant’anni, ha vissuto abbastanza da sapere com’era l’Afghanistan una volta e com’è oggi. Sostenendo l’esame ha dimostrato di sapere anche come potrebbe diventare. ◆ gim
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Questo articolo è uscito sul numero 1409 di Internazionale, a pagina 32. Compra questo numero | Abbonati