Sul finire di ottobre ho visto le prime foglie ingiallite dal ponte di un traghetto che attraversava il mare interno di Seto, il braccio di mare lungo 440 chilometri che separa dalla terraferma le grandi isole di Honshū, Shikoku e Kyūshū collegando l’oceano Pacifico al mar del Giappone.

Il mare interno è un importante canale per il trasporto delle merci poiché connette il Pacifico con i principali centri industriali della regione del Kansai, tra cui i porti di Ōsaka e Kōbe. Ma bagna anche la regione di Setouchi, una vasta zona rurale ancora poco conosciuta dai turisti rispetto al solito itinerario Tokyo-monte Fuji-Kyōto-Ōsaka.

Nel nostro viaggio di un mese in Giappone, con il mio compagno abbiamo deciso di cominciare proprio da Setouchi, senza sapere bene cosa aspettarci. Eravamo gli unici stranieri a bordo del traghetto che va da Mihara, un piccolo porto nella prefettura di Hiroshima, a Ikuchijima, un’isola dell’arcipelago delle Geiyo.

È stato un meraviglioso modo di cominciare il viaggio – entrambi preferiamo evitare la folla – e visitare Setouchi accarezzati dalla piacevole brezza autunnale ha rasentato la perfezione. Abbiamo trascorso giornate facendo escursioni in bicicletta o a piedi fino ai templi in cima alle colline, visitando le residenze storiche e provando i gustosi piatti di mare freschi di questa regione particolarmente pescosa.

Il nostro tour è cominciato da Onomichi, una piccola città portuale della prefettura di Hiroshima, in parte adagiata su una collina. Da qui partono i traghetti per le isole minori e per il mare interno. Grazie ai treni ad alta velocità che ora la collegano ai grandi centri come Hiroshima e Okayama, Onomichi è da poco diventata una tappa per i ciclisti che esplorano la zona. Ma la città ha molto di più da offrire. Dal mio punto di vista, è il posto perfetto dove rimanere qualche giorno per immergersi nei ritmi rilassanti del Giappone rurale.

Il cammino dei templi, un percorso pedonale di due chilometri e mezzo, taglia i quartieri residenziali della città toccando 25 templi e santuari. Camminando su e giù per colline e alture, abbiamo incrociato piccole caffetterie, scuole e stradine note come “vicoli dei gatti” per via dei felini che li popolano. Siamo saliti fino al tempio Senkōji, il più alto della città, con il suo tipico tetto ricurvo. Situato in cima a una collina, il tempio domina Onomichi e sembra vegliare sulle navi cargo e i traghetti che salpano verso le isole. Di tanto in tanto vedevamo correre lungo la costa i treni gialli e verdi usati dai pendolari. Intorno al tempio si estende il parco del Senkōji, raggiungibile anche con una funicolare: uno dei migliori posti per vedere la fioritura dei ciliegi tra marzo e aprile.

Nei pochi giorni di permanenza a Onomichi, abbiamo mangiato al Curry cafe aozora papad, un ristorante di curry situato al primo piano di un edificio che offre eccellenti piatti di cucina fusion tra cui curry di gamberi al burro e curry di maiale masala, presentati con gusto e accompagnati da cavolo viola fresco e papad, frittelle di farina di ceci neri. Sul lungomare vale la pena di fare una sosta da Karasawa Ice Cream, una piccola gelateria che prepara deliziosi gusti di gelato artigianale, come il maccha _(tè verde), e i _monaka, sandwich di gelato giapponesi.

Lungo la ciclabile

Fino a un paio di decenni fa l’arcipelago delle Geiyo era accessibile solo via mare. Agli inizi del ventunesimo secolo è stata costruita la superstrada Nishi-Seto che collega Onomichi e Imabari, una cittadina nella prefettura di Ehime, sull’isola di Shikoku. Questo tratto di strada lungo in totale sessanta chilometri comprende una serie di ponti e tocca nove piccole isole. Si può percorrere in auto o in autobus, ma la vera attrazione turistica del posto è ormai la pista ciclabile, che attira amanti delle due ruote da tutto il mondo. Ben curata e segnalata, la Shimanami kaidō corre parallela alla superstrada. Su molte delle isole attraversate dalla Shimanami kaidō si trovano hotel, ostelli, bagni pubblici, negozi che affittano biciclette e meccanici pronti ad assistere i ciclisti. Se chi è allenato percorre l’intera pista in poche ore, i principianti come noi possono dividere il viaggio in due o tre giorni, o decidere di farne solo metà.

Nella speranza di vivere un po’ dell’atmosfera locale abbiamo scelto Ikuchijima – un’isola più o meno al centro del percorso della superstrada – come base per la nostra spedizione in bici. Qui gli agrumeti punteggiano il paesaggio e numerosi negozi a conduzione familiare propongono cibi e bevande di ogni tipo, dalle limonate alle marmellate passando per torte e gelati al limone e all’arancia. Stando ai dati dell’ente giapponese per il turismo, nella prefettura di Hiroshima si coltiva il 60 per cento della produzione di limoni di tutto il Giappone, e la maggior parte viene proprio dalle isole davanti a Onomichi. Lì si trovano anche alcuni boutique hotel in edifici elegantemente restaurati, come l’Azumi Setoda, ricavato nell’antica residenza della famiglia Horiuchi – una delle dinastie di mercanti più influenti della regione – costruita 140 anni fa. Disegnato intorno a un cortile bordato di cedri dall’architetto Shiro Miura, l’Azumi ha stanze che si ispirano ai ryōkan, le tradizionali locande giapponesi, e bagni in legno di cipresso. I pasti sono serviti a un tavolo comune al piano inferiore e sono preparati con ingredienti della regione ispirandosi alla cucina francese.

Ma sono stata affascinata soprattutto da Yubune, locanda e bagno pubblico dall’altra parte della strada, progettato dallo stesso architetto. Il bagno, aperto sia agli ospiti dell’hotel sia alla comunità locale, ha interni incantevoli con i paesaggi dell’isola disegnati dall’artista giapponese Mai Miyake sui muri.

Se si vuole risparmiare un po’ si può alloggiare da Soil Setoda, una sistemazione sul lungomare altrettanto elegante che include anche Minatoya, in parte tavola calda, in parte izakaya (tipico locale informale giapponese che serve cibo e sakè). Gli ospiti possono anche partecipare a delle degustazioni nella caffetteria biologica Overview.

All’altra estremità della ciclabile, sull’isola di Ōshima, appena davanti a Imabari, vale la pena visitare il museo Murakami kaizoku che racconta la storia dei marinai che dominarono le isole Geiyo tra il 1300 e il 1500. Testimonianze del loro potere possono essere rintracciate in rovine, templi e santuari sparsi nella regione.

Da Onomichi abbiamo preso un treno ad alta velocità fino a Fukuyama, cento chilometri a est di Hiroshima, dove il centro di informazioni turistiche della stazione ci ha fornito le mappe di Tomonoura, un piccolo porto 14 chilometri più a sud, e località che ispirò il regista Hayao Miyazaki per il suo film d’animazione Ponyo, del 2008, realizzato dallo Studio Ghibli.

La vista migliore

Le strade di Tomonoura sono fiancheggiate da edifici antichi ben conservati, tra cui la residenza Ota, un tempo dimora della famiglia Nakamura. La famiglia creò lo Homeishu, uno sciroppo alcolico medicinale a base di sedici erbe diverse, oggi prodotto in quattro località nei dintorni della città. Passeggiando si possono ammirare anche reperti del periodo Edo (1603-1868), tra cui il Jōyatō, il faro in pietra alto undici metri che un tempo indicava la rotta alle imbarcazioni a vela.

Nel periodo in cui ci siamo stati noi erano aperti pochissimi ristoranti e caffè. Tra questi c’era Our house, un locale con caffè speciali e vinili. Il simpatico proprietario e barista ci ha servito il caffè giusto da abbinare a una fetta di torta fatta in casa. A pranzo ci siamo seduti da MogMog per una donburi di pesce (ciotola di riso con salmone fresco e sashimi di tonno).

Con una sala del 1600, il Fukuzenji è forse il tempio più noto della città, in parte grazie anche alla vista panoramica che offre su Sensuijima e Bentenjima, due isolette ricoperte di fitti boschi. Dirigendoci verso l’idilliaco porticciolo, un cordiale signore del posto ci ha raccomandato un altro santuario. “Vivo qui, so da dove poter ammirare la vista più bella”, ha detto. “Dovete salire sulla collina del tempio Ioji”. Così ci siamo inerpicati per la ripida salita. Una volta in cima, siamo stati ripagati dalla magnifica vista sulla città di pescatori e sulle isolette che affiorano sul mare di Seto. ◆ nv

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Questo articolo è uscito sul numero 1644 di Internazionale, a pagina 74. Compra questo numero | Abbonati