L’11 giugno un gruppo di bambini è stato improvvisamente allontanato da un centro ricreativo di Larne, in Irlanda del Nord, dove stava facendo un corso di nuoto. Fuori dall’edificio, che offriva anche accoglienza temporanea ai migranti, i bambini si sono trovati di fronte decine di uomini mascherati che battevano violentemente contro le vetrate. Il più piccolo aveva sei anni. “La paura li ha traumatizzati”, dice Danielle Hill, istruttrice di nuoto e atleta olimpionica, che ha scortato i bambini all’esterno dell’edificio prima che fosse dato alle fiamme.
Due giorni prima, in una casa di Ballymena, a trenta chilometri di distanza, una madre era stata costretta a nascondere i figli in soffitta mentre alcuni teppisti sfondavano la porta e incendiavano le tende. I figli più grandi si erano nascosti negli armadi. Poco lontano gli agenti della polizia erano stati attaccati con asce e bombe molotov da una folla inferocita.
La scorsa settimana l’Irlanda del Nord è stata teatro di un’esplosione di rabbia. Quattordici famiglie di immigrati hanno dovuto trovare un alloggio di emergenza dopo che le loro case erano state date alle fiamme. Decine di persone hanno ricevuto assistenza da parte dell’Housing executive, l’ente nordirlandese per l’edilizia pubblica.
Jon Boutcher, il capo della polizia dell’Irlanda del Nord (Psni), ha attribuito le violenze, che si sono verificate in diverse città della regione per quattro sere consecutive, a un manipolo di “fanatici razzisti”. La rivolta è cominciata nella città di Ballymena la sera del 9 giugno, al termine di una protesta pacifica contro una presunta aggressione sessuale. Poche ore prima due ragazzi di quattordici anni erano comparsi in un’aula di tribunale accusati del tentato stupro di una ragazza del posto. I due hanno comunicato in romeno attraverso un interprete. Entrambi si dichiarano innocenti.
La mattina del 10 giugno l’area di Clonavon terrace, una strada nei pressi del centro dove si trova anche il commissariato di polizia, somigliava a una zona di guerra. La sera prima sei case erano state incendiate e molte altre danneggiate. Nel pomeriggio le finestre che non erano state sbarrate con assi di legno erano coperte da bandiere britanniche e simboli vari della famiglia reale.
Anche Cornelia Amarei, originaria della Romania, ha esposto l’Union Jack alla finestra. Nei sette anni passati a Ballymena non l’aveva mai fatto. “Ci hanno detto che in questo modo avremmo evitato nuovi attacchi”. Amarei sta cercando di proteggere il nipote, che ha otto anni ed è autistico. “Ha bisogno della sua routine, quindi non possiamo andarcene. Gli facciamo indossare le cuffie e lo teniamo in una stanza sul retro”, racconta la donna, che lavora in un’azienda locale.
La sera dell’11 giugno i cartelli prestampati con la scritta “Qui vive gente del posto” erano affissi sulle porte delle case di tutta la città. Nelle stesse ore i social network sono stati invasi da notizie false sugli immigrati e sul problema che rappresenterebbero per i servizi pubblici. Un gruppo su Facebook con più di cinquemila iscritti ha invitato la popolazione a condividere gli indirizzi dei locals, per non coinvolgerli nelle violenze, e degli stranieri, per individuarli meglio.
Solidarietà e disinformazione
“Quello che sta succedendo in Irlanda del Nord fa tornare alla mente la Germania degli anni trenta”, dice Philip McGuigan, esponente del partito della sinistra repubblicana Sinn féin, deputato nell’assemblea nordirlandese di Stormont. “È assurdo che nel 2025 la gente sia costretta ad attaccare cartelli simili alla porta di casa”.
Secondo McGuigan l’ostilità contro gli immigrati è alimentata dalla disinformazione diffusa da alcuni partiti di destra, che sfruttano le paure della gente comune. Le parole di McGuigan seguono le dichiarazioni del parlamentare britannico Jim Allister, leader del partito unionista di destra Traditional unionist voice ed eletto proprio nel circoscrizione dove si trova Ballymena.
Intervistato dalla Bbc, Allister ha condannato le violenze ma ha anche dichiarato che a Ballymena c’erano “tensioni latenti da tempo” a causa del “numero eccessivo di immigrati nella zona”. Quando gli è stato chiesto di portare prove a sostegno della sua tesi, il deputato ha raccontato di aver visitato una strada con cinquanta case e di aver trovato “solo cinque persone del posto”, cioè di origine irlandese. Tuttavia i numeri di Allister “non tornano”, spiega McGuigan, facendo riferimento a uno studio commissionato dall’assemblea di Stormont secondo cui l’Irlanda del Nord è “la parte meno multietnica del Regno Unito”. Stando alla ricerca, appena il 3,5 per cento della popolazione nordirlandese appartiene a minoranze (cioè 65.600 persone) . In Inghilterra e Galles la cifra sale al 18,3 per cento e in Scozia è del 12,9 per cento. Nell’intera contea di Antrim, dove si trovano Ballymena e Larne, non vive nessun richiedente asilo.
Secondo l’ultimo censimento, il 94 per cento dei 24.295 abitanti di Ballymena è composto da bianchi irlandesi. I cittadini di altri gruppi etnici non superano il 6 per cento. “Sono numeri molto piccoli”, sottolinea McGuigan. “Certo, a Ballymena gli stranieri ci sono. Ma il motivo è semplice: l’industria e le attività commerciali hanno bisogno di manodopera. La Brexit ha avuto un impatto pesante, e gli imprenditori faticano a trovare dipendenti”.
Finora il bilancio degli scontri è di più di sessanta poliziotti feriti e ventinove persone arrestate. Contro ventuno di loro sono state mosse accuse formali.
Il 12 giugno le proteste si sono allargate a Portadown. A causa della pioggia battente, a Ballymena la situazione è rimasta invece relativamente tranquilla.
Per gestire la rivolta, il Psni ha chiesto aiuto alla polizia scozzese. “Gli agenti nordirlandesi si sono trovati ad affrontare una rivolta spontanea senza avere le risorse necessarie”, ha commentato l’agente in pensione Jon Burrows, che propone anche il ricorso a piattafome come TikTok per contrastare la disinformazione che viaggia abitualmente sui social network.
Tornare alla normalità
Danielle Hill vuole riprendere al più presto le lezioni di nuoto. La sera del 12 giugno ha incontrato le famiglie dei bambini. La nuotatrice, che ha rappresentato l’Irlanda alle olimpiadi di Tokyo e Parigi e ha vinto la medaglia d’oro ai campionati europei del 2024, è rimasta commossa dal sostegno ricevuto dopo aver condannato le rivolte. “Ho gareggiato per la Repubblica d’Irlanda, ma vivo in una strada che per le celebrazioni del 12 luglio (la festa più importante per i protestanti unionisti nordirlandesi) si riempie di bandiere britanniche. Sono venuta a Larne indossando la mia tuta olimpica con la scritta ‘Irlanda’. Eppure mi hanno sempre accettata”, racconta Hill. “Nei giorni scorsi sono stata inondata di messaggi che mi ringraziavano per aver preso posizione contro la violenza razzista, che non ha nulla a che fare con la protezione di donne e ragazze”.
Alcuni dei bambini che Hill allena appartengono a minoranze etniche. Uno di loro “potrebbe essere il prossimo fenomeno del nuoto”, dice l’atleta. “La nostra missione è riportare questi bambini alla normalità, fare in modo che per loro il centro sportivo sia legato a ricordi felici. Ho incontrato le famiglie per affrontare insieme il problema, per fargli capire che non sono sole. Ma per il momento non possiamo ancora tornare in piscina”. ◆ as
◆ “Mentre guardavo le notizie sui pogrom in corso a Ballymena ho pensato alla menzogna secondo cui la violenza contro donne e ragazze è stata importata in Irlanda del Nord dagli immigrati o dai richiedenti asilo: in realtà c’è sempre stata”, scrive sul Guardian l’avvocata e giornalista Sarah Creighton. “Le rivolte sono una questione di razzismo e nient’altro: nessuno di quelli che stanno causando i disordini si preoccupa di donne o bambini. Gruppi Facebook legati all’estrema destra e volantini diffusi ovunque invitano la gente a difendere ‘le nostre donne’ e ‘i nostri valori cristiani’. Ma le donne non sono mai state al sicuro in Irlanda del Nord: hanno sopportato il peso del conflitto dei Troubles tra unionisti e repubblicani, e centinaia di loro sono state uccise. Durante i colloqui di pace che portarono all’accordo del Venerdì santo, il partito Coalizione delle donne descriveva il conflitto trentennale come un ‘patriarcato armato’. Questa regione non è un luogo in cui le donne e le ragazze sono amate. Tra il 2023 e il 2024 sono stati commessi 4.090 reati sessuali e in cinque anni sono state uccise 25 donne, per lo più da uomini bianchi nati qui. Se le donne dell’Irlanda del Nord si fossero ribellate ogni volta che una di noi era aggredita, il paese sarebbe ridotto in cenere”.
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Questo articolo è uscito sul numero 1619 di Internazionale, a pagina 36. Compra questo numero | Abbonati