I libri italiani letti da un corrispondente straniero. Questa settimana Salvatore Aloïse della tv francotedesca Arte.

“Facciamo il piattino?”. Alla fine degli anni settanta non è raro invocare gli spiriti. Bastano lettere e numeri su un foglio e un piattino da caffè su cui i partecipanti poggiano il dito. Il piattino, muovendosi, dà le risposte. È del 2 aprile 1978 la seduta spiritica di cui tutti abbiamo sentito parlare. Ci sta che qualcuno chieda della prigione di Moro. È il resto che non quadra. Antonio Iovane mette in luce le incongruenze sulla base delle audizioni parlamentari, le perplessità di Leonardo Sciascia, aggiungendo qualche elemento romanzato. È Romano Prodi a riferire del “piattino”, fatto con colleghi professori, in cui viene fuori Gradoli, dopo Viterbo, VT e Bolsena. Per l’autore è un messaggio in codice delle Br. I brigatisti agiscono in compartimenti stagni, è difficile comunicare. Il piattino su Gradoli è un modo astuto di segnalare che il covo di via Gradoli ormai è bruciato: lo conoscono in molti, in primis la ’ndrangheta. Ma il tentativo non riesce. Non c’è un blitz nel paesino, come molti pensano di ricordare. Si sa di Gradoli solo dopo l’allagamento dell’abitazione sotto il covo. Fallita la soffiata della seduta spiritica, chi dirige il gioco ricorre alla doccia lasciata aperta, in modo che i pompieri “scoprano” via Gradoli. La domanda resta: chi “guidò” il piattino? Sempre che non si voglia credere agli spiriti.

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Questo articolo è uscito sul numero 1402 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati