Lo stupro è un reato contro la democrazia, perché mette in discussione l’uguaglianza tra individui e la premessa secondo cui tutti godiamo di alcuni diritti inalienabili. La maggior parte degli stupratori agisce dando per scontato di poter sopraffare la vittima non solo sul piano fisico, ma anche su quello sociale e legale.
Gli stupratori contano su un sistema che non tiene conto delle voci delle vittime e che è troppo spesso connivente, con l’obiettivo di metterle a tacere usando le armi della vergogna, dell’intimidazione, delle minacce, della denigrazione, di quell’osceno strumento legale noto come accordo di non divulgazione e di un sistema troppo spesso gestito da uomini per uomini a spese di donne e bambini. In altri termini, i predatori sessuali contano sulla possibilità di cavarsela grazie a un sistema che gli dà potere e lo sottrae alle loro vittime. Contano su una società che impone il silenzio alle sopravvissute. E su una profonda disuguaglianza.
Il potere di Jeffrey Epstein non derivava solo dalla sua immensa e inspiegabile ricchezza, ma anche dall’aiuto di altre persone
Questo rende lo stupro un reato diverso dagli altri. È la messa in scena rituale del dominio del carnefice, rafforzata dalle circostanze che mantengono ognuno nei rispettivi ruoli. È alimentato dal desiderio di usare la sessualità per provocare danni fisici e psichici, dominare, celebrare il potere dell’aggressore e l’impotenza della vittima, trattare un altro essere umano come se non avesse diritti, compreso quello di fissare dei confini, di dire no e di prendere la parola. Una società che perpetua e protegge questo desiderio è cultura dello stupro, di fatto la nostra cultura.
Democrazia, in questo contesto, significa una società e un sistema in cui i diritti di tutti contano, le voci di tutti vengono ascoltate e tutti sono uguali davanti alla legge. Gli stupratori contano sul fatto che la realtà è un’altra, ma negli ultimi cinquant’anni qualcosa si è mosso grazie al femminismo. Le cose sono ulteriormente cambiate negli ultimi dodici anni, grazie ancora al femminismo. C’è stato uno spostamento verso la parità di voce, diritti e sostegno da parte del sistema giuridico, a partire dai poliziotti che fanno gli arresti passando per chi conduce le indagini, fino ai giudici e ai giurati (che, grazie al femminismo, non sono più solo maschi).
Le cose non sono cambiate abbastanza, ma sono cambiate molto, ed è per questo che il 3 settembre un centinaio di sopravvissute al club dello stupro del finanziere statunitense Jeffrey Epstein, condannato per prostituzione minorile e morto suicida in carcere nell’agosto del 2019, si sono unite per parlare al mondo delle loro esperienze e chiedere giustizia con il sostegno di due politici: Thomas Massie, un deputato del congresso repubblicano del Kentucky, e di Ro Khanna, un rappresentante democratico della California.
Sono diventate vittime, e alcune hanno subìto abusi per anni, a causa del divario di potere con Epstein. Questo potere non derivava solo dalla sua immensa e tuttora inspiegabile ricchezza, ma anche dall’aiuto ricevuto da altri.
Rendere le donne cittadine di seconda o magari di undicesima categoria è un obiettivo centrale nell’attuale programma della destra statunitense
Alcuni hanno collaborato attivamente per manipolarle e abusare di loro, come ha fatto l’adescatrice Ghislaine Maxwell, insieme agli altri stupratori a cui Epstein ha offerto queste bambine e ragazze. Altri sapevano e hanno scelto di proteggere lui e gli altri stupratori. Magari lo fanno ancora, anche ai massimi vertici.
All’inizio dell’estate il portavoce della camera, il repubblicano Mike Johnson, ha sospeso in anticipo i lavori del congresso per impedire le votazioni sui provvedimenti relativi a Epstein, tutelando il presidente Donald Trump. Come ha riferito il 2 settembre la rivista The New Republic, “il portavoce della camera sta offrendo ai repubblicani una via d’uscita disonorevole per evitare il voto su una mozione bipartisan che chiede di pubblicare interamente i documenti su Epstein”. In questo caso (e in quasi ogni altra occasione) la principale preoccupazione di Johnson è proteggere Trump. Non è l’unico. A luglio il deputato democratico Jamie Raskin ha dichiarato: “Hanno costretto mille agenti dell’Fbi a lavorare notte e giorno per esaminare centomila documenti su Epstein, chiedendogli di evidenziare qualsiasi riferimento a Donald Trump. Stiamo assistendo a quello che sembra uno dei più rilevanti casi d’insabbiamento della storia degli Stati Uniti”.
La procuratrice generale statunitense Pam Bondi, nominata nel 2024 proprio da Trump, ha ordinato questa frenetica censura per salvaguardarlo. Un fatto del genere avrebbe meritato migliaia di articoli in prima pagina che chiedevano cosa si vuole nascondere e chi è Trump per pretendere una protezione così antidemocratica.
Come Johnson, e come Todd Blanche, il viceprocuratore generale che ha condotto un lungo e compiacente interrogatorio a Ghislaine Maxwell, Pam Bondi sta curando gli interessi di un solo uomo anziché dei 342 milioni di cittadini statunitensi. Lo stesso Trump, che in estate sembrava terrorizzato e provava a distrarre l’opinione pubblica dalla vicenda, subito dopo la conferenza stampa del 3 settembre ha cercato di nuovo di mettere a tacere le sopravvissute definendo l’intera storia una “truffa dei democratici”. La sopravvissuta Haley Robson si è rivolta al presidente e gli ha detto: “La invito cordialmente a incontrarmi di persona in Campidoglio, così potrà capire che non si tratta di una truffa”.
Le donne che si sono esposte il 3 settembre hanno dichiarato di temere ancora per la loro sicurezza e che il meccanismo per metterle a tacere è ancora in funzione. La giornalista del Washington Post Katie Tarrant ha scritto: “Lisa Phillips, una sopravvissuta, insieme al suo avvocato ha ammesso di aver paura di denunciare in pubblico le persone che avevano abusato di lei per timore di azioni legali”. Un altro giornalista del Post ha riferito: “Anouska De Georgiou, che ha dichiarato di essere stata vittima di Jeffrey Epstein, ha detto che lei e sua figlia erano state minacciate quando si era offerta di testimoniare in una causa contro Ghislaine Maxwell”.
Questo tentativo di sopprimere la verità e di mettere a tacere le sopravvissute è fin troppo coerente con il Partito repubblicano e l’amministrazione Trump. Gli attacchi contro gli immigrati, i profughi, le persone non bianche, le donne, le persone trans, il fatto che l’amministrazione si mette al di sopra della legge con la collaborazione di quelle canaglie dei conservatori alla corte suprema: è un tentativo di annullare non solo le conquiste democratiche fatte negli ultimi decenni, ma i principi dei diritti universali e l’uguaglianza davanti alla legge riconosciuti dalla costituzione.
Rendere le donne cittadine di seconda o magari di undicesima categoria è un obiettivo centrale nell’attuale programma della destra statunitense, che prevede la criminalizzazione della gravidanza, negando i diritti riproduttivi, come l’accesso ai contraccettivi, il diritto di scegliere se tenere o no un bambino e di ricevere le cure salvavita per donne che ricorrono all’aborto o ne hanno bisogno per altre ragioni. Questa, però, è solo una parte degli attacchi contro le donne. L’amministrazione ha licenziato in modo sproporzionato dipendenti nere nella pubblica amministrazione. Negli ultimi tre mesi trecentomila di loro hanno lasciato il lavoro, o sono state costrette a lasciarlo.
Il ministro della difesa Pete Hegseth, che ha risolto con un accordo privato una denuncia per stupro, ha licenziato donne in posizioni di alto livello nelle forze armate, sostenendo che siano meno qualificate degli uomini, e ha fatto circolare dei video di fanatici cristiani contro il diritto di voto femminile.
La Casa Bianca è letteralmente a favore della criminalità, visto che ha dirottato importanti settori del governo federale dalla caccia ai criminali verso quella agli immigrati, spesso violando la legge. Ha anche cercato di tagliare i finanziamenti contro la violenza domestica. Del resto l’attuale amministrazione è guidata da Donald Trump. E ricordiamo che un giudice ha stabilito in una causa civile che era “sostanzialmente vero” che Trump aveva stuprato la giornalista E. Jean Carroll. Sono tutti stupratori fino in fondo e complici fino in fondo. ◆ gim
Questo articolo è uscito sul Guardian.
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Questo articolo è uscito sul numero 1631 di Internazionale, a pagina 41. Compra questo numero | Abbonati