Per il movimento delle città-stato private è un incredibile colpo di fortuna. Sono anni che cerca d’imporre l’idea estrema secondo cui i ricchi contrari alle tasse dovrebbero fondare dei feudi personali, un nuovo paese su un’isola artificiale in acque internazionali o una “città della libertà” dove fare affari senza vincoli, come Próspera, in Honduras, che è un incrocio tra una comunità esclusiva e una spa.

Eppure, nonostante il sostegno di pesi massimi della finanza come Peter Thiel e Marc Andreessen, i sogni degli estremisti libertari si sono più volte arenati: a quanto pare la maggior parte dei ricchi con un po’ di amor proprio non vuole vivere su una piattaforma petrolifera galleggiante, neanche se permette di pagare meno tasse. Quanto a Próspera, forse va bene per una vacanza e qualche “trattamento” per il corpo, ma il suo status giuridico extranazionale è stato contestato in tribunale.

Ora all’improvviso questo gruppo un tempo secondario di capitalisti secessionisti si vede spalancare le porte dal centro del potere globale. Il primo segno che le cose stavano cambiando è arrivato nel 2023, quando Donald Trump, in vista di un ritorno alla Casa Bianca, ha promesso di organizzare un concorso per creare dieci “città della libertà” sul territorio degli Stati Uniti. All’inizio la proposta è passata inosservata, persa nel fiume di dichiarazioni provocatorie. Ma da quando la nuova amministrazione si è insediata, gli aspiranti fondatori di nuovi paesi hanno cominciato a fare pressioni per trasformare la promessa di Trump in realtà.

In fermento

“A Washington c’è un gran fermento”, ha detto compiaciuto Trey Goff, il capo del progetto Próspera, dopo una visita al congresso. La legge che spianerà la strada alle città-stato private dovrebbe essere pronta per la fine dell’anno, sostiene Goff.

Ispirate da una lettura distorta dei testi del filosofo politico Albert Hirschmann, persone come Goff, Thiel e l’investitore e scrittore Balaji Srinivasan rivendicano il diritto all’“uscita”: cioè la possibilità, per chi può permetterselo, di sottrarsi agli obblighi della cittadinanza, in particolare alle tasse e all’intralcio delle leggi. Riprendendo e rinnovando le vecchie prerogative degli imperi, sognano di smantellare i governi e di ridisegnare il mondo intorno a paradisi ultracapitalisti dove la democrazia non esiste e il controllo spetta esclusivamente ai più ricchi, protetti da mercenari privati, serviti da robot dotati di intelligenza artificiale, e finanziati da criptovalute. Qualcuno potrebbe sottolineare l’atteggiamento contraddittorio di Trump, che è stato eletto grazie a un programma politico riassunto dallo slogan “prima gli Stati Uniti”, e ora appoggia l’idea di territori autonomi governati da sovrani miliardari. E si è parlato molto dello scontro tra Steve Bannon, l’ideologo populista e nazionalista del Make America great again (Maga), e i miliardari alleati di Trump, che Bannon ha definito “tecnofeudatari” a cui “non frega un cazzo degli esseri umani”, figuriamoci della nazione. All’interno della raffazzonata coalizione trumpiana ci sono certamente divergenze su molti temi, a cominciare dai dazi. Nonostante questo, le idee di fondo forse non sono così incompatibili come sembrano.

La congrega dei paesi startup prevede un futuro segnato da crisi, penuria e tracolli. I possedimenti privati sono quindi sostanzialmente capsule di salvataggio fortificate, progettate per permettere a pochi prescelti di sfruttare ogni possibile lusso e opportunità di ottimizzazione umana, offrendo a loro e ai loro figli un vantaggio in un futuro sempre più barbaro. In parole povere, le persone più potenti del mondo si preparano alla fine del mondo che loro stesse stanno freneticamente accelerando.

Trump ha dato incarichi a persone che sposano questa teoria incendiaria

È una visione del mondo non molto diversa da quella ormai diffusa della nazione fortificata, sostenuta dalla destra radicale in vari paesi, dall’Italia a Israele, dall’Australia agli Stati Uniti: in un’epoca di pericoli costanti, i movimenti suprematisti stanno cercando di trasformare dei paesi relativamente ricchi in bunker armati. Posti dove le persone indesiderate sono brutalmente espulse o incarcerate (anche a costo di confinarle a tempo indeterminato in colonie penali extranazionali, dall’isola di Manus a Guantánamo) e in cui il potere si appropria con la forza di terre e risorse (acqua, energia, minerali fondamentali) necessarie per resistere alle crisi future.

In un’epoca in cui le élite un tempo laiche della Silicon valley tutto a un tratto trovano Gesù, entrambe queste visioni del mondo – lo stato privato con accesso privilegiato e la nazione-fortezza per le masse – hanno molto in comune con l’interpretazione cristiana fondamentalista del “rapimento” biblico, in cui i fedeli ascendono al cielo in una città dorata, mentre i dannati rimangono sulla Terra per affrontare una battaglia apocalittica.

Se vogliamo essere all’altezza di questo momento cruciale, dobbiamo prendere atto che siamo di fronte a un avversario nuovo: il fascismo millenarista.

Propaganda oscena

Riflettendo sulla sua infanzia durante il regime di Benito Mussolini, lo scrittore e filosofo Umberto Eco osservò in un  saggio che il fascismo ha tipicamente il “complesso di Armageddon”, la fissazione di sconfiggere i nemici in una grande battaglia finale. Ma il fascismo europeo del primo novecento aveva anche la prospettiva di una futura età dell’oro successiva al bagno di sangue, che per i suoi seguaci sarebbe stata segnata dalla pace e dalla purezza. Oggi non è così.

I movimenti contemporanei di estrema destra – economicamente e ideologicamente impegnati a peggiorare le minacce legate al clima, alla corsa agli armamenti nucleari, all’aumento vertiginoso delle disuguaglianze e alla diffusione di un’intelligenza artificiale fuori controllo – non offrono nessuna speranza credibile per il futuro. All’elettore medio propongono solo vecchie ricette di un passato che non c’è più e il piacere sadico del dominio su un gruppo sempre più numeroso di “altri” disumanizzati.

In questo contesto l’amministrazione Trump si impegna a diffondere un flusso continuo di propaganda oscena, generata anche dall’ia. L’account ufficiale della Casa Bianca carica su X filmati di immigrati sui voli di rimpatrio, con un sottofondo di rumore delle manette e l’etichetta “asmr”, che indica i suoni usati per calmare il sistema nervoso. Lo stesso profilo ha condiviso con parole trionfanti – “Shalom, Mahmoud” – la notizia dell’arresto di Mahmoud Khalil, uno studente con un visto permanente che aveva partecipato alle manifestazioni a favore della Palestina alla Columbia university. Ci sono poi i servizi fotografici – tra lo chic e il sadomaso – della segretaria alla sicurezza nazionale Kristi Noem, ripresa a cavallo lungo il confine tra Stati Uniti e Messico, di fronte a una cella affollata in un carcere del Salvador o armata di mitragliatrice mentre arresta degli immigrati in Arizona.

È un fenomeno terrificante nella sua perversione, ma permette anche di immaginare grandi possibilità di resistenza. Scommettere contro il futuro in questo modo vuol dire tradire i nostri doveri fondamentali verso il prossimo, verso i figli che amiamo e verso qualsiasi altra forma di vita con cui condividiamo il pianeta. È un sistema di valori intrinsecamente genocida, che volta le spalle alla meraviglia e alla bellezza di questo mondo. Siamo convinte che le persone capiranno fino a che punto la destra è diventata vittima del complesso di Armageddon e si renderanno conto di quale sia la posta in gioco, e a quel punto si convinceranno a reagire.

I nostri avversari sanno che stiamo entrando in un’epoca di emergenza, ma hanno reagito abbandonandosi ad allucinazioni mortali ed egoistiche. Vittime di vari tipi di fantasie di apartheid, hanno deciso di lasciare che la terra bruci. Il nostro compito è costruire un movimento ampio e profondo, spirituale e politico, abbastanza forte da fermare questi traditori fuori controllo. Un movimento fondato su un impegno incrollabile verso noi stessi e gli altri, che vada oltre le nostre tante differenze e divisioni, e lotti per conservare questo pianeta miracoloso e unico.

New York, 17 febbraio 2025 (Mark Peterson, Redux/Contrasto)

Fondamentalisti laici

Fino a non molto tempo fa erano soprattutto i fondamentalisti religiosi ad accogliere con entusiasmo i segni dell’apocalisse in vista del tanto atteso rapimento. Trump ha dato incarichi di primo piano a persone che sposano questa teoria incendiaria, tra cui molti sionisti cristiani convinti che le violenze commesse da Israele per espandersi non siano crimini atroci, ma un segno benaugurante che in Terra Santa si stanno creando le condizioni per il ritorno del messia e l’ascensione dei fedeli al regno dei cieli.

Mike Huckabee, scelto da Trump come ambasciatore in Israele, ha forti legami con il sionismo cristiano, come il segretario alla difesa Pete Hegseth. Kristi Noem e Russell Vought, l’architetto del programma ultraconservatore Project 2025 e ora a capo dell’ufficio per la gestione e il bilancio, sono convinti sostenitori del nazionalismo cristiano. Perfino Thiel, che è gay ed è noto per il suo stile di vita libertino, ultimamente pare che sia preoccupato per l’avvento dell’anticristo (è convinto che sia Greta Thunberg).

Ma non c’è bisogno di prendere la bibbia alla lettera per essere dei fascisti millenaristi. Oggi molte persone laiche in posizioni di potere hanno sposato una visione del futuro molto simile, in cui il mondo crolla sotto il suo stesso peso e pochi eletti sopravvivono e prosperano su vari tipi di arche, bunker e “città della libertà”. In un saggio del 2019 intitolato Left behind: future fetishists, prepping and the abandonment of earth (Lasciati indietro: feticisti del futuro, preparazione e abbandono della Terra), le studiose Sarah T. Roberts e Mél Hogan descrivono questo desiderio di un “rapimento” laico: “Nell’immaginario accelerazionista, il futuro non è una questione di riduzione dei danni, di limiti o di restaurazione; è una politica che conduce a una fine definitiva”.

Elon Musk, che ha visto crescere la sua fortuna al fianco di Thiel dopo aver fondato PayPal, incarna questo ethos implosivo. Quando osserva la meraviglia del cielo notturno vede solo l’opportunità di riempire questa oscurità misteriosa di spazzatura spaziale. Musk si è fatto una reputazione mettendo il mondo in guardia dai pericoli della crisi climatica e dell’intelligenza artificiale, ma negli ultimi mesi, alla guida del cosiddetto “dipartimento per l’efficienza del governo” degli Stati Uniti (Doge), ha dedicato il suo tempo ad aggravare questi rischi smantellando non solo le norme ambientali ma intere agenzie di regolamentazione, forse con l’obiettivo di rimpiazzare i dipendenti pubblici con dei chatbot.

A che serve una nazione funzionante quando si sente la chiamata dello spazio? Per il miliardario Marte è diventato una sorta di arca laica, la chiave per la sopravvivenza della civiltà umana, magari grazie a una coscienza caricata digitalmente su un’intelligenza artificiale generale. Lo scrittore di fantascienza Kim Stanley Robinson, autore della trilogia di Marte (che sembra aver parzialmente ispirato Musk), è molto chiaro sui pericoli di queste fantasie di colonizzazione: “È solo un azzardo morale che crea l’illusione di poter distruggere la Terra e cavarsela lo stesso. È completamente falso”.

Queste idee sono basate su pericolosi pregiudizi contro le minoranze

Come i millenaristi religiosi che aspirano a una via di fuga dal mondo corporeo, Musk invoca un’umanità “multiplanetaria” perché è incapace di apprezzare lo splendore della nostra unica casa. Chiaramente disinteressato alla ricchezza della natura o a impegnarsi affinché la Terra conservi la sua diversità, spende la sua ricchezza personale per realizzare un futuro in cui un piccolo gruppo di persone e robot sopravvivono su due pianeti sterili (una Terra quasi completamente svuotata e Marte colonizzato). In uno strano stravolgimento del racconto biblico lui e gli altri miliardari del settore tecnologico, dopo essersi arrogati poteri semidivini, non si accontentano di costruire arche ma fanno del loro meglio per causare il diluvio. Gli attuali leader di destra e i loro ricchi alleati non solo sfruttano le catastrofi nel classico stile della shock economy e del capitalismo dei disastri, ma contemporaneamente le provocano e le pianificano.

Siate pronti

E la base del movimento Maga, in tutto questo? Non tutti sono così devoti da credere sinceramente nel rapimento, e di sicuro non hanno i soldi per comprarsi un posto in una “città della libertà” e tanto meno su un razzo spaziale. Non temete. Il fascismo millenarista offre la promessa di altre arche e altri bunker più a buon mercato, alla portata degli umili soldati di fanteria.

Ascoltate il podcast di Steve Bannon – che si definisce il principale organo d’informazione del movimento Maga – e sarete bersagliati da un messaggio singolare: il mondo sta andando a rotoli, l’inferno è alle porte, gli infedeli stanno rompendo le barricate e la battaglia finale si avvicina. Preparatevi. L’invito a farsi trovare pronti diventa particolarmente veemente quando Bannon passa a promuovere i prodotti dei suoi sponsor. Comprate oro su Birch Gold, dice Bannon al suo pubblico, perché l’economia statunitense è troppo indebitata e crollerà, e non dovete fidarvi delle banche. Fate scorta di pasti pronti da My Patriot Supply. Esercitatevi a sparare con un sistema laser per uso domestico. L’ultima cosa che volete è dipendere dal governo durante una catastrofe, ricorda agli ascoltatori (dovrebbe aggiungere: fatelo specialmente ora che il Doge sta smantellando il governo pezzo dopo pezzo).

Bannon naturalmente non si limita a invitare i suoi ascoltatori a costruirsi un bunker. Nella sua visione del mondo gli Stati Uniti stessi sono rappresentati come un’enorme fortezza in cui gli agenti dell’immigrazione pattugliano strade, uffici e campus, facendo sparire i presunti nemici della politica e degli interessi statunitensi.

New York, 17 febbraio 2025  (Mark Peterson, Redux/Contrasto)

La nazione-fortezza è al centro del programma Maga e del fascismo millenarista. Secondo la sua logica, il primo compito è irrigidire le frontiere nazionali ed estirpare tutti i nemici, esterni e interni. Questo lavoro è già cominciato: l’amministrazione Trump ha invocato l’Alien enemies act (una legge del 1798 che consente al presidente di espellere senza processo le persone di un paese in guerra con gli Stati Uniti) per trasferire forzatamente centinaia di immigrati venezuelani nel Cecot, un megacarcere del Salvador. La struttura, dove i detenuti vengono rasati e stipati a decine in piccole celle con brande senza materasso, opera in base a uno “stato di eccezione” liberticida dichiarato più di tre anni fa dal primo ministro salvadoregno Nayib Bukele, cristiano sionista e appassionato di criptovalute.

Bukele si è offerto di imprigionare anche tutti i cittadini statunitensi che l’amministrazione Trump vorrebbe gettare in un buco nero giudiziario. “Mi piace moltissimo”, ha detto recentemente Trump quando gli hanno chiesto della proposta. Il Cecot è il corollario malato ma logico della fantasia della “città della libertà”, una zona dove tutto è in vendita e il giusto processo non esiste. Dobbiamo aspettarci altre simili manifestazioni di sadismo. Alla Border security exp0 del 2025, in una dichiarazione tanto candida quanto agghiacciante, Todd Lyons, il direttore dell’agenzia per l’immigrazione e il controllo delle frontiere, ha detto di volere un approccio più “professionale” a questi trasferimenti forzati, “come Amazon Prime, ma con gli esseri umani”.

Se il primo obiettivo del fascismo millenarista è controllare le frontiere della nazione-fortezza, il secondo è accaparrarsi tutte le risorse potenzialmente necessarie per consentire ai cittadini privilegiati degli Stati Uniti di affrontare i tempi difficili che stanno per arrivare: il canale di Panamá, le rotte di navigazione della Groenlandia, i minerali dell’Ucraina, l’acqua potabile del Canada. Più che all’imperialismo tradizionale, questa strategia fa pensare a un’attività di preparazione su grande scala a livello nazionale. La vecchia foglia di fico coloniale della diffusione della democrazia o della parola di Dio è caduta: quando Trump scruta con avidità il pianeta, lo fa per controllare le risorse in vista del crollo della civiltà.

Questa mentalità del bunker ci aiuta a capire anche le discutibili incursioni di JD Vance nella teologia cattolica. Il vicepresidente degli Stati Uniti, che deve la sua ascesa politica alla generosità di Thiel, ha spiegato a Fox News che secondo il concetto cristiano medievale dell’ordo amoris (che si può tradurre sia “ordine dell’amore” sia “ordine della carità”), l’amore non è dovuto a chi sta fuori dal bunker: “Ama la tua famiglia, poi ama il tuo prossimo, poi ama la tua comunità, poi ama i tuoi concittadini nel tuo paese. E poi, dopo tutto questo, puoi concentrarti a dare priorità al resto del mondo” (oppure no, come sembrerebbe a giudicare dalla politica estera dell’amministrazione Trump). In altre parole, non dobbiamo niente a chi sta fuori del nostro bunker.

Non è certo la prima volta che la destra applica politiche di esclusione basate su idee etnonazionaliste, ma il pensiero apocalittico non era mai stato così centrale nel governo. L’ottimismo spavaldo da “fine della storia” del dopo guerra fredda è stato soppiantato dalla convinzione che ci stiamo avvicinando alla fine dei tempi. I tirapiedi di Musk al Doge riportano alla memoria i giovani “Chicago boys” addestrati negli Stati Uniti che idearono la terapia d’urto economica per la dittatura di Augusto Pinochet in Cile. Ma qui non si tratta solo del vecchio matrimonio tra neo­liberisti e neoconservatori: è un nuovo miscuglio di idolatria del denaro e millenarismo che vuole distruggere la burocrazia e sostituire le persone con i chatbot per tagliare “sprechi, frodi e abusi” (e anche perché la burocrazia è il luogo dove si annidano i demoni che resistono a Trump). I fanatici della Silicon valley si sono alleati con i suprematisti cristiani iper-patriarcali collegati a Hegseth e ad altri esponenti dell’amministrazione Trump.

Il complesso dell’Armageddon attraversa le barriere di classe, creando una saldatura tra i miliardari e la base del movimento Maga. Dopo decenni di profonde crisi economiche e grazie ai tentativi abili e incessanti di mettere i lavoratori uno contro l’altro, molte persone si sentono comprensibilmente incapaci di difendersi dalla disintegrazione che le circonda. Ma in cambio ricevono un risarcimento emotivo: possono festeggiare la fine delle politiche di diversità, equità e inclusione, le espulsioni di massa e gli attacchi alle persone trans; possono demonizzare gli insegnanti e gli operatori sanitari e rallegrarsi per lo smantellamento delle norme economiche e ambientali. Il fascismo millenarista è un fatalismo cupo e festante allo stesso tempo, un rifugio finale per chi trova più facile esultare per la distruzione che immaginare di vivere senza supremazia.

Ma è anche una spirale verso il basso che si rafforza da sé. I furiosi attacchi di Trump a tutte le istituzioni pensate per proteggere i cittadini dalle malattie, dai cibi pericolosi e dai disastri rafforzano a tutti i livelli la convinzione che ci si debba preparare al peggio, creando tante nuove opportunità di privatizzazione e di profitto per gli oligarchi che incoraggiano questo smantellamento sistematico dello stato sociale e delle norme.

Mode intellettuali

All’inizio del primo mandato di Trump, il New Yorker pubblicò un’inchiesta sui miliardari che si preparavano al giorno del giudizio. Raccontava che nella Silicon valley e a Wall street molte persone ossessionate dalla fine del mondo si stavano cautelando contro la crisi climatica e il collasso sociale, comprando bunker sotterranei e terreni in posti isolati e sicuri come le Hawaii (dove Mark Zuckerberg, amministratore delegato della Meta, ha costruito un appartamento sotterraneo di 460 metri quadrati, definito un “piccolo rifugio”) e la Nuova Zelanda (dove Thiel ha comprato quasi 200 ettari di terreno per costruire un complesso di lusso, bloccato dalle autorità locali).

Il millenarismo si lega a una serie di altre mode intellettuali della Silicon valley, tutte basate sulla convinzione apocalittica che il nostro pianeta sia avviato verso una catastrofe e che sia giunto il momento di fare scelte difficili su quali parti dell’umanità salvare. Una di queste ideologie alla moda è il transumanesimo, che parte dall’idea di usare le scoperte scientifiche per aumentare le capacità fisiche e cognitive delle persone e arriva al proposito di caricare digitalmente l’intelligenza umana su una intelligenza artificiale generale che oggi ancora non esiste. Ci sono poi l’altruismo efficace e il lungoterminismo, secondo cui invece di ridistribuire le risorse per aiutare chi ha bisogno bisogna fare una valutazione costi-benefici per capire come fare del bene a lungo termine. A prima vista innocue, queste idee sono basate su pericolosi pregiudizi contro le minoranze, le donne e le persone con disabilità. Un altro punto in comune è un chiaro disinteresse ad affrontare con urgenza le cause di fondo del collasso. Invece dell’altruismo efficace, persone come Marc Andreessen, frequentatore abituale della tenuta di Trump in Florida, hanno sposato l’“accelerazionismo efficace”, cioè “l’accelerazione discrezionale dello sviluppo tecnologico” senza barriere di protezione.

In tutto questo, filosofie ancora più oscure stanno trovando un pubblico più ampio, come testimoniano le invettive neoreazionarie e filomonarchiche del programmatore informatico Curtis Yarvin (altro punto di riferimento intellettuale di Thiel) o l’ossessione dei cosiddetti “pronatalisti” (a cominciare da Musk), per l’aumento delle nascite di bambini “occidentali”.

Come hanno scritto gli studiosi di intelligenza artificiale Timnit Gebru ed Émile P. Torres, anche se i metodi possono sembrare nuovi, questo “miscuglio” di mode ideologiche “è un diretto discendente dell’eugenetica della prima ora”, che conferiva a un piccolo gruppo dell’umanità il potere di decidere quali parti della collettività valesse la pena perpetuare e quali invece dovessero essere gradualmente eliminate. Fino a qualche tempo fa queste mode intellettuali sembravano solo argomenti di conversazione per un gruppetto di eccentrici con troppi soldi in tasca. Ora non più.

Mostro Frankenstein

Tre sviluppi recenti hanno accelerato il richiamo apocalittico del fascismo millenarista. Il primo è la crisi climatica. Anche se alcune figure di primo piano continuano a negare o a minimizzare pubblicamente la minaccia, le élite globali conoscono bene i pericoli del riscaldamento globale, se non altro perché le loro proprietà e i loro centri di elaborazione dati con vista sull’oceano sono particolarmente vulnerabili all’aumento delle temperature e del livello dei mari. Il secondo è la pandemia di covid: da tempo i modelli epidemiologici prevedevano la possibilità di una pandemia che avrebbe devastato il nostro mondo globalmente interconnesso.

La diffusione del virus nel 2020 è stata interpretata da molte persone di potere come un segno dell’avvento di quella che gli analisti delle forze armate statunitensi chiamavano “l’era delle conseguenze”. Non è più una previsione: sta succedendo. Il terzo fattore è il rapido progresso e l’adozione dell’intelligenza artificiale, un insieme di tecnologie a lungo associate a paure fantascientifiche di macchine che si ribellano con spietata efficienza ai loro creatori (paure, per altro, espresse con maggior forza proprio dalle persone che stanno sviluppando queste tecnologie). Tutte queste crisi esistenziali si sommano alle tensioni crescenti tra potenze nucleari. Non sono paranoie. Il crollo sembra così imminente che tante persone si appassionano a serie tv sulla vita in bunker post-apocalittici. Scrive il commentatore nordirlandese Richard Seymour nel libro Disaster natio­na­lism (Nazionalismo del disastro): “L’apocalisse non è una fantasia. La stiamo vivendo, dai virus letali all’erosione del suolo, dalla crisi economica al caos geopolitico”.

Un gruppo di miliardari si sta preparando a cavalcare la tempesta

Il progetto economico del secondo mandato di Trump è un mostro Frankenstein nato dalla fusione degli interessi delle industrie che alimentano tutte queste minacce: combustibili fossili, armi, criptovalute e ia. Chiunque operi in questi settori sa che non c’è modo di costruire il mondo-specchio artificiale promesso dall’ia senza sacrificare questo mondo: le tecnologie consumano troppa energia, troppi minerali fondamentali e troppa acqua perché i due mondi possano coesistere in equilibrio.

Qualche settimana fa Eric Schmidt, ex amministratore delegato di Google, lo ha ammesso candidamente, spiegando al congresso degli Stati Uniti che nei prossimi anni il fabbisogno di energia dell’ia triplicherà, e che la maggior parte dell’energia arriverà dai combustibili fossili. Questo livello di consumo distruttivo è necessario, ha spiegato, per costruire un’intelligenza “superiore” a quella umana, un dio digitale che sorge dalla ceneri del nostro mondo abbandonato.

Anche loro sono preoccupati, ma non dalle minacce che stanno scatenando. Ciò che toglie il sonno ai leader di queste industrie è la prospettiva di una chiamata alle armi della civiltà, di uno sforzo serio e coordinato a livello internazionale per tenere a freno questi settori fuorilegge prima che sia troppo tardi. Dal punto di vista della crescita dei loro profitti, l’apocalisse non è il crollo ma la regolamentazione.

Il fatto che il loro guadagno sia fondato sulla devastazione del pianeta ci aiuta a capire perché nei discorsi dei potenti la compassione ha ceduto il passo a esplicite manifestazioni di disprezzo per l’idea di solidarietà. La Silicon valley ha chiuso con l’altruismo, efficace o no. Zuckerberg invoca una cultura che celebra l’“aggressività”. Alex Karp, socio in affari di Thiel nell’azienda di sorveglianza Palantir, lamenta l’“autoflagellazione” “perdente” di chi mette in dubbio la superiorità statunitense e i vantaggi dei sistemi di arma autonomi (e, per associazione, i ricchi contratti militari che hanno fatto la sua fortuna). Musk ha spiegato al conduttore di podcast Joe Rogan che l’empatia è “la debolezza di fondo della civiltà occidentale” e, dopo che è fallito il suo tentativo di comprare l’elezione di un giudice della corte suprema in Wisconsin, si è sfogato: “È sempre più evidente che l’umanità è un programma di caricamento biologico della superintelligenza digitale”. In altre parole, noi poveri esseri umani non saremmo altro che concime per Grok, la sua app d’intelligenza artificiale.

New York, 17 febbraio 2025  (Mark Peterson, Redux/Contrasto)

Vivere nella realtà

In Spagna, un paese arido molto esposto agli effetti della crisi climatica, uno dei gruppi che vogliono impedire la costruzione di nuovi centri dati si chiama Tu nube seca mi rio, “la tua nuvola sta prosciugando il mio fiume”. È un nome appropriato, e non solo in Spagna. Con una velocità strabiliante, i megalomani delle grandi aziende tecnologiche si sono rimangiati le loro promesse sulle emissioni zero e si sono schierati al fianco di Trump, decisi a sacrificare le risorse e la creatività di questo mondo sull’altare di un regno virtuale dove vige la legge del più forte. È l’ultima grande rapina. Si stanno preparando a cavalcare la tempesta e proveranno a diffamare e a distruggere chiunque cercherà di impedirglielo.

Nel suo recente viaggio in Europa, JD Vance ha rimproverato i leader globali di “preoccuparsi troppo per la sicurezza” rispetto alla distruzione di posti di lavoro causata dell’ia, salvo poi invocare la libertà d’espressione per i nazisti e i fascisti online. A un certo punto ha fatto una battuta rivelatrice, aspettandosi una risata che non è arrivata: “Se la democrazia statunitense è riuscita a sopravvivere a dieci anni di ramanzine di Greta Thunberg, voi potete sopravvivere a pochi mesi di Elon Musk”. I suoi commenti fanno eco a quelli del suo mentore Peter Thiel, anche lui sprovvisto di senso dell’umorismo. In molte interviste sui fondamenti teologici delle sue idee politiche di estrema destra, il miliardario cristiano ha più volte paragonato Thunberg all’anticristo, una figura che, sottolinea, le profezie annunciano come portatrice di un falso messaggio di “pace e sicurezza”. “Se Greta convince tutte le persone del pianeta ad andare in bicicletta, magari è un modo di risolvere il problema del cambiamento climatico, ma è un po’ come passare dalla padella alla brace”, ha concluso Thiel.

Perché attaccare Thunberg? Perché ora? In parte per la paura che stabilire delle regole possa ridurre i profitti: secondo Thiel gli interventi per il clima chiesti da Thunberg e da altri attivisti possono essere messi in pratica solo da uno “stato totalitario”, una minaccia per lui peggiore della crisi climatica (cosa ancora più grave, le tasse in quel caso sarebbero “piuttosto alte”). Ma forse c’è qualcos’altro in Thunberg che li spaventa: il suo impegno incrollabile per il pianeta e le tante forme di vita, invece che per le simulazioni generate dall’ia o per una gerarchia di chi meriterebbe la salvezza o per le fantasie di fuga dal pianeta dei fascisti millenaristi. Thunberg s’impegna a vivere nella realtà, mentre i fascisti dell’apocalisse, almeno nella loro immaginazione, hanno già lasciato questo mondo, chiusi nei loro rifugi o trascesi nell’etere digitale o su Marte.

Poco dopo la vittoria di Trump abbiamo intervistato Anohni, una delle poche musiciste che cerca di usare la sua arte per contrastare la spirale mortale in cui è precipitato il pianeta. Quando le abbiamo chiesto qual è il collegamento tra la volontà dei potenti di lasciar bruciare il mondo e la spinta a negare l’autonomia del corpo alle donne e alle persone trans come lei, ha risposto rifacendosi alla sua educazione irlandese-cattolica: è “un mito antico e consolidato quello che stiamo attuando e incarnando. È il momento culminante del rapimento. È la loro fuga dal ciclo voluttuoso della creazione. È la loro fuga da Madre Terra”.

Antica saggezza

Come si interrompe questo delirio apocalittico? Per prima cosa, dobbiamo aiutarci a vicenda nel contrastare la profonda depravazione che caratterizza l’estrema destra in tutti i nostri paesi. Per non perdere di vista l’obiettivo, dobbiamo prima capire una cosa semplice: combattiamo contro un’ideologia che ha rinunciato non solo alla premessa della democrazia liberale ma anche a vivere nel nostro mondo condiviso, alla sua bellezza, ai nostri figli, alle altre specie. Le forze con cui ci scontriamo hanno fatto la pace con la morte di massa. Hanno tradito questo pianeta e i suoi abitanti umani e non umani.

Secondo: dobbiamo contrastare la loro narrazione apocalittica con una storia migliore su come sopravvivere ai tempi duri che ci aspettano senza lasciare nessuno indietro. Una storia capace di svuotare il fascismo millenarista del suo fascino gotico e di galvanizzare un movimento pronto a giocarsi tutto per la sopravvivenza collettiva. Una storia che non parli della fine dei tempi, ma di tempi migliori; non di separazione e supremazia, ma di interdipendenza e appartenenza; non di fuggire, ma di restare qui, fedeli alla realtà terrena e tormentata in cui siamo tutti invischiati e coinvolti.

I soldi della Silicon valley
Donazioni di alcuni imprenditori del settore tecnologico ai candidati delle presidenziali statunitensi del 2024, milioni di dollari (Fonte: The Guardian)

La sensibilità di fondo, naturalmente, non è nuova. È un elemento centrale nelle cosmologie indigene ed è il cuore dell’animismo. Se rivolgiamo lo sguardo all’indietro, una tradizione comune a ogni cultura e credo è quella di rispettare la sacralità del presente, di non cercare Sion in una inafferrabile e remota terra promessa. Nell’Europa orientale, prima dell’annientamento fascista e stalinista, l’organizzazione sindacale dei socialisti ebrei Labor bund si formò intorno al concetto yiddish di doikayt, o “presenza”.

Molly Crabapple, che ha scritto un libro su questa storia poco conosciuta, definisce il doikayt come il diritto di “combattere per la libertà e la sicurezza nel luogo in cui vivevano, a dispetto di chiunque li volesse morti” o li spingesse a scappare per rifugiarsi in Palestina o negli Stati Uniti. Forse quella che serve è una universalizzazione moderna di questo concetto: un impegno per il diritto alla “presenza” di questo pianeta malato, di questi corpi fragili, per il diritto di vivere nella dignità dovunque ci troviamo su questo pianeta, anche quando le inevitabili crisi ci costringeranno a spostarci.

La “presenza” può essere mobile, libera dai nazionalismi, radicata nella solidarietà, rispettosa dei diritti indigeni e svincolata dalle frontiere.

Questo futuro richiederà una sua apocalisse, una sua fine del mondo e rivelazione, anche se di natura molto diversa. Perché, come ha osservato la studiosa della sorveglianza Robyn Maynard, “per rendere possibile la sopravvivenza planetaria sulla terra, alcune versioni di questo mondo dovranno finire”.

Siamo arrivati a un punto di svolta, in cui dobbiamo scegliere non se affrontare l’apocalisse ma quale forma prenderà. Le sorelle attiviste Adrienne Maree e Autumn Brown hanno affrontato recentemente l’argomento nel loro podcast How to survive the end of the world, (come sopravvivere alla fine del mondo). In un momento in cui il fascismo millenarista sta dichiarando guerra su ogni fronte, è fondamentale formare nuove alleanze. Ma invece di chiederci: “Condividiamo tutti la stessa visione del mondo?”, Maree ci invita a chiederci: “Il vostro cuore batte e avete intenzione di vivere? Allora venite da questa parte e capiremo il resto strada facendo”.

Per sperare di combattere i fascisti millenaristi, con il loro “ordine dell’amore” fatto di cerchi concentrici sempre più stretti e asfissianti, dovremo costruire un movimento indisciplinato e aperto di fedeli che amano la Terra: fedeli a questo pianeta, alle sue creature e alla possibilità di un futuro vivibile per tutti. ◆ fas

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Questo articolo è uscito sul numero 1613 di Internazionale, a pagina 48. Compra questo numero | Abbonati