La notizia era semplicemente troppo bella per essere vera: qualche giorno fa quotidiani e siti internet di tutta Europa hanno riferito che la premier finlandese Sanna Marin voleva introdurre nel paese una settimana lavorativa di quattro giorni da sei ore l’uno. Le cose però non stanno così. In effetti circa sei mesi fa, nel corso di un evento del Partito socialdemocratico finlandese, Marin si era detta favorevole a una riduzione dell’orario di lavoro. Ma allora era ancora ministra dei trasporti e un’introduzione della settimana corta non era – e non è – nel programma del governo finlandese.
L’aspetto più interessante del presunto “caso Finlandia”, tuttavia, è l’enorme eco mediatica che ha generato. Non c’è praticamente angolo del mondo in cui i supposti piani della giovane premier non abbiano suscitato interesse. Su Twitter ci sono stati commenti come “amo la Finlandia” e, dopo la smentita, c’è chi ha espresso tutta la sua delusione: “Ecco, mi stavo già preparando a emigrare”.
In Germania il dibattito sull’orario di lavoro ridotto a parità di stipendio è tutt’altro che una novità. All’origine, tra le altre cose, c’è un forte desiderio di più tempo libero, già da prima che cominciasse l’era digitale della reperibilità costante. Circa il 50 per cento degli uomini e il 40 per cento delle donne vorrebbe ridurre l’orario lavorativo settimanale di almeno due ore e mezza, scrive l’Istituto tedesco di ricerche sul mercato del lavoro e l’occupazione (Iab) in un rapporto del 2018. Il ricercatore Enzo Weber ritiene che queste percentuali non siano cambiate, in fondo la tendenza è stabile da anni. Oggi, tuttavia, i contratti che offrono la possibilità di scegliere tra più soldi o più tempo libero, come quelli delle ferrovie tedesche, permettono ai lavoratori dipendenti di assecondare le proprie preferenze. Si è scoperto che molti lavoratori, indipendentemente dall’età, scelgono effettivamente di avere più tempo libero piuttosto che uno stipendio più alto. Uno dei pionieri in questo campo è l’imprenditore Lasse Rheingans. Nel suo libro Die 5-Stunden-Revolution (La rivoluzione delle 5 ore) racconta che per i 16 dipendenti della sua agenzia digitale la giornata lavorativa finisce alle 13 grazie all’aumento della produttività. Rheingans crede pienamente nel suo modello ed è entusiasta che si torni a discutere della questione. La giornata lavorativa ridotta porterebbe “tra le altre cose a un maggior equilibrio, salute, soddisfazione e pari opportunità”, ha dichiarato l’imprenditore. Per questo Rheingans ritiene il dibattito attuale “importante e giusto: dopotutto nessuno stipendio può servire a comprare più tempo”. Prima di Rheingans, l’imprenditore Stephan Aarstol, produttore di tavole per il paddle surf, aveva fatto scalpore negli Stati Uniti con il suo modello da cinque ore lavorative al giorno. Tuttavia, dopo un certo periodo Aarstol ha ammesso che la giornata più corta, senza un aumento della produttività, era troppo stressante per i suoi dipendenti e così l’ha limitata al solo periodo estivo. In Svezia un tentativo d’introdurre la giornata lavorativa di sei ore in una casa di riposo è fallito perché si è rivelato necessario assumere molti nuovi dipendenti, misura ovviamente troppo costosa.
Opportunità flessibili
Anche l’Associazione federale tedesca dei responsabili delle risorse umane è intervenuta nel dibattito. “Considerando l’attuale congiuntura economica, la carenza di personale e il conseguente aumento dell’impegno lavorativo, una riduzione generale dell’orario di lavoro, per esempio a una settimana da quattro giorni, sarebbe tutt’altro che efficace”, ha detto il presidente dell’associazione, Frank Kohl-Boas. “Il nostro sistema può essere riformato solo creando opportunità di lavoro più flessibili, compatibili con le aspettative di ogni singolo lavoratore”. Per qualcuno potrebbe essere la settimana da quattro giorni, per un altro un lavoro condiviso o un part-time. “Dal nostro punto di vista un’opzione non può precludere l’altra, devono esserci possibilità alternative”, ha detto Kohl-Boas.
In ogni caso il desiderio di tempo libero continua a crescere, come dimostra anche un’analisi dell’azienda informatica Semrush sulle ricerche online dei tedeschi: tra il dicembre 2016 e il novembre 2019 la ricerca di “settimana lavorativa di 4 giorni” è aumentata del 630 per cento; nel 2019 queste parole sono state digitate su Google in media 2.155 volte al mese. ◆ nv
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Questo articolo è uscito sul numero 1341 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati