“Trattavamo ogni sua parola come sacra, anche se il nostro unico compito era quello di sostituire ogni sua parola”. The extinction of Irena Rey è un libro per appassionati di lingua: l’ha scritto una traduttrice, Jennifer Croft, che ha vinto l’International Booker prize per la traduzione in inglese di I vagabondi di Olga Tokarczuk. Nel romanzo di Croft otto traduttori arrivano a Białowieża, in Polonia, al limitare di una foresta, dove vive l’Autrice che adorano: è un processo creativo già affrontato ma questa volta c’è qualcosa di diverso. Croft introduce i personaggi con i nomi delle lingue che traducono – svedese, sloveno, bielorusso, tedesco, e così via, mentre sono sulle tracce dell’Autrice scomparsa. Si ha la sensazione a questo punto che il romanzo stesso ruoti intorno all’ossessione di Croft per Tokarczuk e per il suo lavoro. La storia è raccontata dal punto di vista della traduttrice spagnola, Emilia, e tradotto da Inglese (Alexis): l’attrito tra le due lingue, quindi tra i due personaggi, dà origine a una narrazione e a un narratore inattendibili. È una complessità strutturale ricorda Gina Apostol, tanto più che avanzando nella storia, il noi del narratore si diluisce nelle singole identità dei personaggi-lingua. Ne emerge alla fine un ritratto metaforico della traduzione, come una foresta minacciata dal cambiamento climatico. Un libro folle e originalissimo. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1636 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati




