Chi non è più una minaccia per la salute pubblica, anche durante una pandemia dovrebbe recuperare per quanto possibile le libertà che gli sono state tolte. Finché c’era il timore che le persone vaccinate contro il covid-19 potessero essere ancora molto contagiose non c’era motivo di riservargli un trattamento di favore. Ora però le istituzioni sanitarie tedesche hanno escluso questa possibilità.

Ma se alcuni hanno più libertà di altri non si rischia di distruggere la solidarietà tra cittadini? L’argomento non è campato in aria. Ovviamente non sarebbe giusto permettere a qualcuno di andare in vacanza senza fare la quarantena mentre altri restano chiusi in casa in attesa di essere vaccinati. In questo caso la responsabilità collettiva batte il diritto alle libertà individuali, che solo per motivi validi e ben fondati può essere limitato. La responsabilità collettiva comporta che anche i vaccinati continuino a sottoporsi ad alcune limitazioni, perché nella quotidianità è impossibile controllare chi deve continuare a usare la mascherina o rispettare il distanziamento. Questo tuttavia non significa che ai vaccinati debbano essere precluse le libertà che è possibile concedere.

Dividere i cittadini in due gruppi con diritti diversi resta un problema. Ma potrebbe essere attenuato dando anche ai non vaccinati, a fronte di un test rapido, la possibilità di tornare a fare cose proibite da mesi: andare al cinema o a teatro, mangiare al ristorante, bere un caffè al bar. Questo però non può avvenire finché i contagi aumentano: visto che i test non sono affidabili al cento per cento, il rischio sarebbe troppo grande. Per questo i politici non dovrebbero piegarsi appena i vari gruppi d’interesse, dai ristoratori agli operatori turistici, chiedono di riaprire tutto subito. Non può esserci libertà senza protezione per chi è ancora a rischio. ◆ nv

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Questo articolo è uscito sul numero 1404 di Internazionale, a pagina 17. Compra questo numero | Abbonati