Nel 2021 Christine Mboma conquista la medaglia d’argento nei 200 metri piani alle Olimpiadi di Tokyo, segnando anche il record africano e il record del mondo under 20. Potrebbe ripetersi anche nei 400 metri, ma il comitato olimpico la blocca perché nel suo sangue è stato rilevato un livello di testosterone troppo alto per poter gareggiare. La definizione di femminile nello sport è stata un problema fin dalla fondazione delle Olimpiadi. Le prime concessioni a gareggiare coincisero con la verifica di quello che andava definito dai maschi come “corpo femminile”: dalle atlete costrette a sfilare nude davanti ai medici per il controllo dei genitali negli anni cinquanta, all’esame per l’identificazione dei cromosomi x e y, nonostante lo scienziato Murray Barr, che li aveva scoperti, avesse ribadito nei suoi studi che la presenza o l’assenza di una x non è determinante nella definizione del genere. Dal 2006 ciò che determina la possibilità per una donna di partecipare a una competizione sportiva è il livello di testosterone nel sangue, mentre i maschi non hanno bisogno di nessun test. Se l’esistenza di due soli generi non ha trovato una definizione sportiva in più di 120 anni, è perché, come dice Eleveth, “lo sport è binario, ma il corpo non lo è”. Tested ha vinto il premio come miglior podcast documentario ai premi Ambies del 2025.

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Questo articolo è uscito sul numero 1612 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati