A l numero 39 di via Zielna, nel centro di Varsavia, un edificio di undici piani si staglia verso il cielo con i suoi cornicioni antichi, circondato dai grattacieli nuovi di zecca del quartiere. Quando fu costruito, nel 1908, era probabilmente l’edificio più alto dell’impero russo, visto che all’epoca non esisteva una Polonia indipendente. Durante la seconda guerra mondiale, quando la resistenza polacca si rivoltò contro gli occupanti nazisti, i cecchini tedeschi occuparono l’edificio. Un battaglione riuscì a riconquistarlo, seppur con gravi perdite. Ma la rivolta fallì comunque.
Oggi il palazzo è considerato un monumento storico. Bandiere biancorosse e fotografie in bianco e nero dei tempi della guerra abbelliscono le pareti. Qui c’è il quartier generale dell’associazione dei veterani dell’esercito di resistenza, e una libreria dedicata alla storia della Polonia.
Ogni tanto però è necessario l’intervento di un gruppo di addetti alle pulizie per rimuovere delle scritte nelle strade e sui muri. Da quando nell’autunno 2020 l’aborto è stato praticamente vietato in Polonia, Varsavia è diventata teatro di proteste animate. E c’è un motivo se i cortei passano spesso da via Zielna 39: il palazzo ospita anche la sede di un’organizzazione che si fa chiamare con il nome latino Ordo iuris (ordine legale) e che ha preparato le basi giuridiche dei provvedimenti contro l’aborto.
Questo edificio è diventato di nuovo una fortezza, il feudo di una visione del mondo conservatrice e nazionalista. Ordo iuris si considera una forza dell’élite ultraconservatrice. Se le tradizioni sono in pericolo, le sue truppe mettono in campo un esercito di avvocati. L’organizzazione dà sostegno nelle cause contro artisti, attivisti gay e perfino contro i mezzi d’informazione accusati di insultare i sentimenti religiosi o di diffondere notizie false sulla Polonia.
Ordo iuris ha legami diretti con il governo ultraconservatore polacco, esercita un’evidente influenza politica e fornisce assistenza legale. Per esempio, i suoi esperti hanno offerto consulenze alle amministrazioni locali che si sono dichiarate lgbt free zones (zone interdette a una presunta ideologia lgbt) e hanno vietato le manifestazioni a favore dei diritti delle persone lgbt. L’organizzazione oggi è in prima linea nella guerra culturale che minaccia di lacerare la Polonia: ci sono da un lato nazionalisti, cattolici, antiabortisti ed euroscettici, che sostengono il governo del partito Diritto e giustizia (Pis) e dall’altro i cittadini più progressisti e cosmopoliti. Lo scontro sta alimentando odio e rancori in quasi tutte le discussioni politiche ma anche, sempre più spesso, nella vita quotidiana. Rende impossibile trovare un compromesso e mina la democrazia nel paese.
Lo spauracchio della destra
Il Barberian Academy and Barber Shop, in via Emilia Platter, è a meno di due chilometri da via Zielna 39, ma i due luoghi non potrebbero essere più lontani. Qui barbieri tatuati fanno ai clienti tagli in stile militare, poi li pettinano con la riga, in mezzo o di lato. L’esterno spartano del Barberian contrasta con l’atmosfera tranquilla e amichevole all’interno.
Il proprietario, Adam Darski, guida una Mercedes nera targata “W1 Satan”. Sul suo cappellino da baseball c’è la scritta “Antichrist”. Il salone per lui è solo un passatempo. Darski è più famoso con il nome di Nergal: un mostro della mitologia mesopotamica, una divinità degli inferi che si nutre di sangue. Nergal è una delle più famose rockstar del paese, e suona nel gruppo metal Behemoth. Con la sua voce cavernosa e i testi che parlano di vergini lussuriose e di satanismo, Nergal è diventato una star mondiale. Ed è lo spauracchio della destra polacca.
“È ridicolo che io venga denunciato per un post sui social network, mentre pochi preti finiscono in tribunale per gli abusi commessi”
Negli ultimi anni Nergal è stato coinvolto in dispute legali con Ordo iuris e altri conservatori. Di recente l’organizzazione ha presentato una denuncia contro di lui per aver condiviso un’immagine online in cui appariva uno stivale nero che calpesta un’immagine della vergine Maria, la santa protettrice della Polonia. Non è ancora chiaro come si concluderà la vicenda, ma Nergal non vuole gettare la spugna. “È ridicolo”, dice. “Tutti sono al corrente delle mie uscite radicali e spesso volgari, non devono per forza prendere le mie parti”.
Lontano dal palco però Adam Darski è tutto fuorché volgare. Cita spesso Nietzsche o il drammaturgo polacco Witold Gombrowicz. In realtà ha ricevuto a sua volta un’educazione cattolica. “Ma mi è sempre interessato il lato oscuro delle persone. Tutti ne abbiamo uno”, dice. Secondo lui bisogna accettarlo, fronteggiarlo. Si dovrebbe considerare l’ambiguità una ricchezza. E non si dovrebbe cercare di cancellarla come fanno i fondamentalisti cattolici, che sono sempre più influenti in Polonia. “Vogliono degli alberi che non facciano ombra”, commenta il musicista.
Nergal rabbrividisce quando ripensa alla chiesa durante la sua infanzia. “Era sempre freddo, le suore erano severe e i preti autoritari”. Descrive quel genere di cattolicesimo come “disumano” e per certi versi “primitivo”, soprattutto quando entra in simbiosi con il nazionalismo, come è successo in Polonia.
L’avversario principale di Nergal si chiama Tymoteusz Zych, ed è il vicepresidente di Ordo iuris. Ha poco più di trent’anni, indossa un completo moderno, una cravatta rossa e ha una barba da hipster. Ma Zych non fa parte del ceto medio cittadino progressista e attento alla moda. E anche Karolina Pawłowska, che è seduta accanto a lui nella sede di via Zielna, non si definirebbe in questo modo: lei è un’esperta di diritto internazionale ed è responsabile della campagna “sì alla famiglia, no al gender” di Ordo iuris.
I loro uffici hanno pareti dai colori vivaci, mobili pesanti e tappeti spessi: somigliano a una sede della chiesa di Scientology o a uno studio legale che lavora con le grandi aziende. Solo i crocifissi presenti in ogni stanza fanno capire che Ordo iuris non si occupa di denaro. L’organizzazione dice di essere finanziata solo da donazioni e di non ricevere sussidi dal governo. Chiunque sostenga il contrario rischia una querela.
“C’impegniamo a rispettare i diritti umani”, dice Zych, aggiungendo che sono iscritti nella costituzione polacca, in accordo con la Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948. Quella dichiarazione, spiega con linguaggio giuridico, include ad esempio il diritto alla vita. Ma da nessuna parte, aggiunge, si parla di “diritto all’aborto”. Per questo un simile diritto non può essere introdotto oggi, e da questo principio derivano le limitazioni severe all’interruzione di gravidanza in Polonia.
Pericolo in vista
Ordo iuris aiuterebbe due omosessuali a sposarsi tra loro? “No”, dice Zych. “La costituzione definisce chiaramente il matrimonio come un accordo tra un uomo e una donna. Non esiste alcuna base legale per rapporti di tipo diverso”. Ordo iuris, dice una sua collega, combatte la crisi della famiglia tradizionale, messa in pericolo dalla “sinistra”, che in molte istituzioni e organizzazioni internazionali fa pressione per il diritto all’aborto e ai matrimoni gay.
Ordo iuris non considera leggi simili come la manifestazione di una crescente tolleranza, ma come un segno di decadenza. E quindi un pericolo. Di recente ha incassato una sconfitta, quando un tribunale ha prosciolto un attivista che aveva disegnato un’aureola arcobaleno su un’immagine della Madonna. I cattolici più devoti si sono sentiti particolarmente offesi dal fatto che adesivi con questa immagine fossero attaccati anche nei bagni pubblici e sui cestini dell’immondizia. “È una grave violazione dei sentimenti religiosi, che la nostra costituzione protegge”, dice Zych.
Contrario alla legge
L’episodio ha gettato luce sulla maniera di pensare e di agire di Ordo iuris: un conflitto che agita la società – per esempio l’atteggiamento della chiesa verso gay e lesbiche – viene ridotto a una dimensione essenzialmente giuridica. Zych e i suoi avvocati cercano costantemente di fare pressione sui loro avversari attraverso delle azioni legali. È accettabile ritrarre una madonna con un’aureola arcobaleno? È una questione di sentimenti religiosi, ma anche di tolleranza, diversità e compostezza. La democrazia polacca offrirebbe la possibilità di risolverla in una discussione politica. Ma Ordo iuris ha deciso di seguire la via dei tribunali. Quando vince, le opinioni dei suoi avversari sono stigmatizzate come contrarie alla legge.
L’organizzazione è coinvolta anche in una causa legale contro l’ex ministro degli esteri polacco, Radosław Sikorski, oggi parlamentare europeo con l’opposizione liberale. Sikorski ha scritto su Twitter che Ordo iuris sostiene le lgbt free zones , ma secondo Ordo iuris questo è impossibile perché le lgbt free zones non esistono. Negli ultimi anni molti comuni polacchi hanno fatto dichiarazioni ispirate da Ordo iuris che sanciscono la “protezione della famiglia”, definita esclusivamente come l’unione di un uomo e di una donna. Gli attivisti per i diritti delle persone lgbt definiscono questi territori “zone senza ideologia lgbt”.
Tuttavia queste decisioni non hanno alcuna base giuridica. In termini puramente legali, Ordo iuris può sostenere che in quelle città non esistano divieti all’ingresso di gay e lesbiche nei negozi o negli edifici pubblici. Zych sostiene addirittura che, “se ci fossero barbieri o uffici che rifiutano l’ingresso agli omosessuali, lui li citerebbe in giudizio”.
◆ 1977 Nasce a Gdynia, in Polonia.
◆ 1985 Comincia a suonare la chitarra.
◆ marzo 2010 Viene processato per blasfemia dopo aver fatto a pezzi una Bibbia sul palco nel 2007.
◆ agosto 2010 Gli viene diagnosticata la leucemia
◆ 2017 Insieme al musicista John Porter fonda il progetto folk-blues Me and That Man.
◆ 2021 È accusato di blasfemia dall’organizzazione Ordo iuris.
È questa doppiezza che fa infuriare gli oppositori dell’organizzazione: sono convinti che le posizioni prese dai comuni abbiano delle conseguenze, perché alimentano un clima di omofobia che rende la vita difficile a gay e lesbiche. Ma non possono dirlo pubblicamente, perché Ordo iuris minaccerebbe di fargli causa.
La sociologa liberale Karolina Wigura è preoccupata dalla polarizzazione politica e culturale che c’è nel suo paese. Spiega che si è creata una dinamica nella quale ciascuna delle due parti è in disaccordo con l’altra in modi sempre più forti: in particolare dopo le limitazioni al diritto di abortire, che sono, di fatto, un divieto. “Il partito al governo, Diritto e giustizia, ha dimostrato di non essere interessato a cosa pensano i cittadini che hanno idee politiche diverse dalla sua”, dice. Invece d’impegnarsi in un dibattito con tutta la società sull’interruzione di gravidanza, ha governato con il pugno di ferro. “Noi progressisti non ci sentiamo solo sconfitti, ma umiliati”. A suo avviso il clima politico in Polonia è caratterizzato dalla “rabbia”. “Il paese minaccia di spaccarsi in tribù che parlano a volume sempre più alto, senza più ascoltarsi l’un l’altra”.
La paura, ma più ancora l’odio, stanno prevalendo. Due anni fa Paweł Adamowicz, il sindaco progressista di Danzica, è stato accoltellato a morte da un uomo di 27 anni. Diverse ricerche inoltre hanno mostrato che i conflitti politici stanno diventando un problema anche nelle relazioni private tra le persone. Aumentano le persone che non sopporterebbero se qualcuno con opinioni politiche diverse sposasse una persona della loro famiglia.
Nel frattempo un compromesso tra l’opposizione e il partito al governo – principio fondamentale di ogni democrazia che funzioni – sembra impossibile. Le due parti stanno litigando da mesi per decidere chi sarà il nuovo difensore civico per i diritti civili. La nomina verrà decisa dalla camera dei deputati, dove Diritto e giustizia ha la maggioranza, ma dovrà essere approvata anche dal senato, controllato dall’opposizione. Ma una simile prospettiva di compromesso non è percorribile in Polonia, a quasi 17 anni dall’ingresso del paese nell’Unione. Questo intensificarsi dello scontro non è solo colpa del partito al governo. Ma secondo Wigura, Diritto e giustizia è attualmente quello che sta ottenendo più vantaggi dalla situazione. I conflitti su questioni concrete si sono trasformati in guerre di religione. Inoltre, da quando ha preso il potere nel 2015, il partito ha sistematicamente eliminato i cosiddetti “pesi e contrappesi”, quei meccanismi di controllo interno che impediscono alle democrazie di diventare una dittatura della maggioranza parlamentare.
Diritto e giustizia controlla le istituzioni e i mezzi d’informazione pubblici, e si scaglia contro quotidiani e siti internet. Varsavia è in uno stato di conflitto permanente con Bruxelles sulla separazione dei poteri e sull’autonomia della magistratura, dopo che il partito di governo ha sottratto potere alla corte costituzionale e all’organismo che nomina i giudici. Ma più duro diventa il controllo del governo ultraconservatore, più cresce la rabbia nelle piazze. Maria Sobuniewska, del centro studi conservatore Klub Jagielloński di Cracovia, ammette che le persone hanno smesso da tempo di votare per un partito mosse dall’entusiasmo per il suo progetto politico, e molte lo fanno per odio contro i propri avversari.
Un nuovo fondamentalismo
Anche Nergal, il musicista rock che lotta contro i cattolici di Ordo iuris, è molto arrabbiato. “Noi polacchi abbiamo appena eliminato un sistema ideologico profondamente radicato: il comunismo. E adesso gli ultraconservatori vogliono imporci una nuova forma di fondamentalismo”.
Naturalmente Nergal è a favore di una politica più aperta sull’immigrazione e sostiene la parità di diritti per gay e lesbiche. Vuole che in Polonia ci sia una rigida separazione tra stato e chiesa, e che a quest’ultima siano tolti i privilegi fiscali. Chiede inoltre che sia abolito l’articolo 196 del codice penale, che considera la violazione del sentimento religioso un reato.
Adam Nergal, insomma, mette in discussione tutto quello che i conservatori e Ordo iuris vogliono preservare. “È ridicolo che io venga denunciato per un post sui social network, mentre pochissimi preti finiscono in tribunale per gli abusi che commettono”. Attualmente sta raccogliendo soldi per aiutare le persone colpite dalle denunce di Ordo iuris. E ha ribattezzato questa sua campagna “Ordo blasfemia”. ◆ ff
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Questo articolo è uscito sul numero 1411 di Internazionale, a pagina 76. Compra questo numero | Abbonati