Per capire il contesto in cui si è svolta la guerra tra Israele, Stati Uniti e Iran, il cui esito, per ora, sembra quasi aver rafforzato i governi di tutti e tre i paesi, sono utili le analisi che negli ultimi anni ha fatto Luciana Borsatti, già corrispondente dell’Ansa da Teheran. Ha scritto questo libro dopo aver pubblicato L’Iran al tempo di Trump (Castelvecchi 2020), in cui descriveva la “solitudine strategica” di questo paese cominciata con la rivoluzione, e i modi con cui la Repubblica islamica aveva approfittato dei movimenti negli equilibri internazionali per resistere e prosperare, e prima di far uscire _L’Iran. Il tempo delle donne _(Castelvecchi 2023). Il metodo è lo stesso e resta efficace da un periodo all’altro: da un lato Borsatti analizza gli equilibri internazionali, dall’altro fa parlare gli iraniani in patria e all’estero. Emerge il ritratto di un paese grande, politicamente complesso, dove sono presenti molte posizioni diverse, ma alla cui guida tendono ultimamente ad affermarsi gli elementi più radicali, in un circolo vizioso che provoca ed è provocato dall’ostilità statunitense sempre sottotraccia anche nel periodo più calmo, quello tra le due presidenze Trump. È questa diffidenza nei confronti degli Stati Uniti a rafforzare, anche tra alcuni iraniani lontani dagli ayatollah, il supporto a un programma nucleare in origine negoziato con l’accordo del 2015 poi rotto da Washington. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1620 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati