In questo strano periodo in cui dramma e commedia si mescolano in un abbraccio grottesco, c’è una nuova classe di padroni, suppongo relativamente giovani, che indottrinati da stage su “immaginario televisivo e lotta di classe” prendono molto sul serio il palinsesto di Canale 5, così come i loro predecessori valutavano attentamente i ciclostili. Sta di fatto che dopo il sabotaggio, la violenza politica e i furti in magazzino, tra i reati aziendali fa il suo ingresso la visione delle serie tv. L’operaio Riccardo è stato licenziato dalla ArcelorMittal (ex Ilva) per avere suggerito sui social Svegliati amore mio, storia di una donna la cui vita viene stravolta dalla leucemia della figlia, causata con ogni probabilità dalle polveri sottili di un’acciaieria. Il riferimento alla realtà tarantina, all’inquinamento e alle malattie ha indispettito oltremodo il cda, che ne ha bannato uno per educarne cento. La via della fermezza sul tema “like e sovversione” ha agitato i sindacati, forse imbarazzati dal dover marciare nel 2021 per il diritto alla prima serata. La protagonista Sabrina Ferilli ha telefonato all’operaio e si è offerta, insieme ai registi Ricky Tognazzi e Simona Izzo, di pagare le spese legali. Nasce il movimento di resistenza televisiva. La vicenda, lo auspichiamo, finirà con una pernacchia all’ufficio del personale. Ma il messaggio è chiaro: accendere la tv è un gesto politico. La fiction continua, ce n’est qu’un début. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1405 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati