Quando il lustrascarpe comincia a dare dritte sugli investimenti in borsa, è il momento di vendere le azioni. Pare sia stato questo il commento di Joseph Kennedy senior quando decise di abbandonare i mercati prima del crollo del 1929. Cosa dovrebbero fare gli investitori oggi, visto che anche gli studenti universitari cominciano a promuovere le Special purpose acquisition company (spac)? All’inizio di ottobre è venuto fuori che gli studenti dell’università della Pennsylvania hanno addirittura creato un club, il Penn spac, per festeggiare questi nuovi veicoli di azioni. Note come “società da assegno in bianco”, le spac raccolgono denaro dagli investitori attraverso una quotazione in borsa e poi si fondono con un’azienda non quotata, che di fatto entra a Wall street evitando la tradizionale offerta pubblica iniziale. Probabilmente per gli studenti è una mossa astuta, o almeno lo è per chi tra loro cerca uno stage nelle aziende finanziarie che guadagnano grazie a questa tendenza. Per tutti gli altri, però, è un segnale preoccupante.

Quando c’erano le cdo

Le statistiche relative alle spac sono sorprendenti: quest’anno negli Stati Uniti sono state proposte 133 spac, che hanno raccolto 51,1 miliardi di dollari, quasi il quadruplo rispetto al 2019. Il fondo Easterly alternatives sta mettendo insieme un veicolo da 100 milioni di dollari da investire in altre quindici spac. A chi è più vecchio di uno studente universitario tutto questo può ricordare gli anni precedenti al crollo del 2008. All’epoca c’erano le collateralised debt obligation (cdo), obbligazioni garantite da altri prestiti: erano così diffuse che gli investitori cominciarono a creare cdo garantite da quote di cdo, note come cdo al quadrato.

Ersinkisacik, Getty

Inevitabilmente questa cosa folle sta provocando anche delle perdite. Il produttore di camion elettrici Nikola si è fuso con una spac e ora è sotto inchiesta. Secondo un’analisi pubblicata ad agosto dal Financial Times, la maggior parte delle spac lanciate tra il 2015 e il 2019 è scambiata al di sotto del prezzo standard per queste società, che è di dieci dollari. Quindi c’è una bolla che sta per scoppiare? Forse non a breve. Per ora ci sono dei fattori che alimentano l’entusiasmo. I gestori di patrimoni siedono su montagne di contanti che devono investire e sono terrorizzati all’idea di non riuscire a trovare rendite dignitose dopo che la Federal reserve (Fed, la banca centrale statunitense) ha segnalato che i tassi d’interesse resteranno ai minimi almeno fino alla fine del 2023. I finanzieri più astuti, inoltre, hanno capito che il percorso di una spac verso una quotazione pubblica è più “efficiente”, cioè più redditizio per loro, rispetto a quello tradizionale dell’offerta pubblica di acquisto, che ha molti vincoli normativi. La fusione con una spac permette a un’azienda di essere quotata in poco tempo e a volte di vendere più azioni rispetto a quanto si potrebbe fare con un’offerta pubblica iniziale. L’accordo può essere particolarmente conveniente per un’azienda che non ha molti utili. Le informative sulle spac puntano su ipotetici profitti futuri, mentre per le offerte pubbliche d’acquisto servono rendiconti finanziari certificati.

Infine, sta cambiando la disponibilità di finanziamenti. Negli ultimi dieci anni sono stati investiti moltissimi soldi nelle società non quotate. Molte oggi hanno valutazioni miliardarie (in passato queste società erano così rare da essere definite “unicorni”). Ora gli investitori sembrano più orientati alla borsa. Sarebbe bello poter credere che questo rifletta una ritrovata passione per il capitalismo democratico. È più probabile, invece, che tutti si affrettino prima che l’attuale boom sui mercati finanziari finisca.

Questo non significa che le spac crolleranno domani. Ma se succederà, alcuni investitori si faranno male, anche se per fortuna dovrebbero esserci meno implicazioni sistemiche rispetto alle cdo. I membri del club Penn spac farebbero meglio a leggere i libri di storia e i manuali d’ingegneria finanziaria, e a ricordare questo: chi gestisce denaro è bravissimo a trasferire i rischi sugli investitori comuni quando vuole lasciare il mercato. Da questo punto di vista le spac non sono una novità. ◆ gim

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Questo articolo è uscito sul numero 1380 di Internazionale, a pagina 107. Compra questo numero | Abbonati