Dopo la crisi finanziaria del 2008 l’intervento delle banche centrali è stato fondamentale per stabilizzare il sistema. All’inizio di marzo del 2020 l’incertezza provocata dalla pandemia ha minacciato di contagiare di nuovo i mercati finanziari internazionali e anche in questo caso le azioni su vasta scala decise dalle banche centrali hanno impedito che il mondo vivesse un crollo dei mercati insieme all’emergenza sanitaria e a quella economica.

Gli interventi dei banchieri centrali sono necessari per proteggere l’economia reale, ma hanno delle conseguenze negative. In particolare, fanno crescere le disuguaglianze nella distribuzione della ricchezza, alimentano la crisi climatica e nel lungo periodo destabilizzano i mercati finanziari. Se quello di marzo fosse stato un intervento isolato, forse sarebbe stato possibile trascurarne gli effetti negativi, ma i governi nazionali e la Commissione europea fanno sempre più spesso affidamento sulla politica monetaria. Dopo il 2008 le banche centrali sono state spinte a intervenire e i loro bilanci sono cresciuti costantemente. Tuttavia le misure decise per la pandemia hanno superato di molto quelle precedenti: il bilancio della Banca centrale europea (Bce) è cresciuto di 813 miliardi di euro tra il 2007 e il 2010, ma addirittura di 2.261 miliardi di euro tra febbraio e dicembre del 2020.

Qual è il significato dell’intervento permanente delle banche centrali rispetto alle sfide più importanti del nostro tempo, come il cambiamento climatico e la disuguaglianza? Per affrontare problemi simili è necessario un programma politico chiaro. Le azioni delle Bce, stando alla stessa banca, dovrebbero essere sempre “neutrali rispetto ai mercati”. L’obiettivo dell’istituto è incidere sui prezzi senza favorire alcun settore. Ma in realtà non sempre la politica monetaria è neutrale. In particolare, gli acquisti di titoli da parte della Bce provocano delle distorsioni, perché tendono a favorire settori a intensa produzione di anidride carbonica. Solo tra i mesi di marzo e giugno 2020 più di 7,6 miliardi di euro sono stati investiti in azioni emesse da aziende attive nel settore dei combustibili fossili. Questo non può essere certo un comportamento neutrale.

A quanto pare anche la Bce se ne sta rendendo conto e ha lanciato la prima revisione delle sue priorità strategiche. La presidente Christine Lagarde e Isabel Schnabel, del consiglio esecutivo, hanno messo in discussione il principio della neutralità, sostenendo che i mercati finanziari non tengono adeguatamente conto dei rischi legati al clima. Questo fallimento del mercato, dicono, potrebbe diventare un problema per la stabilità dei prezzi a medio termine, e quindi va affrontato. Il fatto che la Bce voglia passare all’azione è una notizia importante. Tuttavia, dovrebbe farlo non solo per raggiungere la stabilità dei prezzi, ma anche per contenere la crisi climatica. Questo sforzo dovrebbe basarsi sul secondo obiettivo della Bce: sostenere le politiche economiche generali dell’Unione europea.

Persone molto ricche

Uno studio della Banca per i regolamenti internazionali dimostra che l’ascesa costante dei prezzi dei mercati è dovuta in larga misura alla politica monetaria espansiva (finalizzata ad aumentare l’offerta di moneta). Ma quali sono le conseguenze sulle disparità di reddito se i prezzi delle azioni salgono grazie all’intervento della banca centrale? Ne beneficiano soprattutto persone molto ricche, che di solito possiedono più azioni. Subito dopo l’esplosione della pandemia, in Europa i prezzi delle azioni sono crollati e la disoccupazione è aumentata. Da allora però i mercati finanziari si sono ripresi, mentre la situazione nell’economia reale resta preoccupante.

Le banche centrali sono assolutamente consapevoli delle conseguenze delle loro politiche sui mercati azionari. Considerano l’aumento dei prezzi delle azioni un effetto temporaneo. Ma se è vero che le banche centrali contribuiscono a stabilizzare l’economia e il sistema finanziario nel breve periodo, in questo modo rendono ancora più difficili le sfide sociali ed ecologiche della nostra epoca. Per favorire la trasformazione dell’economia non basta affidarsi alla politica monetaria. È evidente che la Bce non può determinare da sola questa trasformazione. C’è un fortissimo bisogno di una politica economica espansiva, che finanzi la transizione verso un’economia a bassa emissione di anidride carbonica. C’è bisogno di una politica economica equa e di un prezzo coerente per l’anidride carbonica, che tenga in considerazione i costi legati all’uso dei combustibili fossili. C’è bisogno di mercati finanziari stabili, che non chiedano di continuo l’intervento delle banche centrali. Per questo servono più regole per le aziende finanziarie non bancarie. Mentre le banche, in base al quadro normativo Basilea III, sono obbligate a detenere riserve più consistenti, un crollo per mancanza di liquidità resta un grosso problema per soggetti finanziari come i fondi speculativi. Gran parte del caos scoppiato a marzo sul mercato dei titoli di stato del governo statunitense è stato provocato dai fondi speculativi. Quando le banche centrali hanno cominciato a comprare titoli hanno stabilizzato il mercato dei titoli di stato, ma allo stesso tempo hanno salvato numerosi fondi speculativi.

Le banche centrali dispongono di strumenti potenti. Dovrebbero sostenere obiettivi politici che vanno oltre la loro funzione di stabilizzare i prezzi? Se sì, come? Devono prestare attenzione agli effetti negativi delle loro politiche. Non dovrebbero esacerbare problemi esistenti, come quelli provocati dal cambiamento climatico e dalla disparità di reddito, ma contribuire alla loro soluzione. Ci sono già proposte su come rendere i programmi di rifinanziamento della Bce più sostenibili o su come “decarbonizzare” i programmi d’acquisto dei titoli. Una moneta digitale della banca centrale potrebbe contribuire alla stabilità finanziaria e combattere le disparità economiche attraverso una politica monetaria mirata.

Sono compiti compatibili con l’indipendenza di questi istituti? Forse no, però potrebbero conferirgli una legittimazione democratica. La revisione strategica della Bce dimostra che anche le banche centrali sono consapevoli delle sfide che hanno davanti. ◆ gim

Gerhard Schick e Michael Peters sono due economisti tedeschi. Sono attivi nel movimento civico Finanzwende.

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Questo articolo è uscito sul numero 1397 di Internazionale, a pagina 92. Compra questo numero | Abbonati