Il fumetto postmoderno degli anni ottanta ha dipinto come nessuno l’avvento della società postmoderna. Con capolavori antropologici, come il Ranxerox di Tamburini e Liberatore sulla mutazione definitiva dell’umano, sulla perdita di senso e autenticità dei luoghi e di tutto, oggi evidenti. Meno noti sono i racconti farseschi di Fondazione Babele, scritti da Massimo Semerano e disegnati da Marco Nizzoli. I componenti della fondazione sono divertenti maschere di un’umanità antropologicamente di paccottiglia quanto l’arte di performance e happening plastificata che il gruppetto veicola: una grottesca società dello spettacolo al suo ultimo stadio. Dopo aver riproposto i primi racconti, Bonelli pubblica Wonderful world, seguito inedito e adattato a tempi che si sono fatti più folli e finti dove Semerano (qui in tandem ai testi con Luana Vergara) e Nizzoli mescolano il Moebius dell’Incal e della Pazza del sacro cuore, con le reminiscenze comiche di Alan Ford insieme a un tocco manga, in una realtà-simulacro a metà tra Las Vegas e il World park di Pechino: una coabitazione che rende tutto equivalente. Nonluoghi resi indistinguibili da pessimi videogiochi e mondi virtuali in cui i personaggi transitano senza soluzione di continuità e dove perfino Shakespeare si fa finto, simulacro. Constatazione agghiacciante fatta per mezzo di un racconto ludico e a suo modo visionario.
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Questo articolo è uscito sul numero 1631 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati