Koko vive con la madre Indileni in un paesino dell’Appennino dove per gli africani non è facile farsi accettare anche se Koko incanta tutti con la sua voce nel coro. Ma accade un evento terribile, insieme morte e resurrezione, dove le dinamiche di relazione, finemente rappresentate, vanno ben oltre un racconto di formazione amorosa tra adolescenti dello stesso sesso. L’artista visiva e illustratrice Chiara Fazi insieme al musicista-produttore Johnny Mox, qui esordienti nel fumetto, sono gli autori di una polifonia narrativa trascinante, di un libro degli exploit. Perché narra di migrazione e d’integrazione scegliendo come punto di vista un microcosmo, quello di un ambiente rurale, mentre di solito narrazioni del genere sono ambientate nelle metropoli. Più ardito ancora, racconta con un’estetica pittorica psichedelica, tra il rock e il reggae, ma in qualche modo espressionista che, fondendo l’astrazione di Jackson Pollock, le visioni naturalistiche tra il figurativo e l’astratto di Mario Schifano con qualcosa dell’urgenza di Jean-Michel Basquiat e della sua forza cromatica, ricrea un’estetica per nulla pop ma che rimanda invece alla gravità del colore ocra della terra, alla fatica e al dolore degli esseri umani che annaspano nel fango torbido quando non annegano disperati negli oceani. È una psichedelia che attraversa un potenziale medioevo moderno. Ma l’arte è un’ancora di salvezza.
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Questo articolo è uscito sul numero 1614 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati