Capolavoro assoluto, potenzialmente fecondo anche per altri mezzi d’espressione: è la trilogia surrealista Epiphania del francese Ludovic Debeurme. Infinite le tematiche di quest’opera labirintica: il terrorismo di matrice islamica e i rifugiati, le minoranze etniche e sessuali, l’intolleranza che ne consegue, i meccanismi manipolatori e oppressivi della società e dei mezzi d’informazione, l’incombente crisi climatica che si configura come un’apocalisse. Prossimi tanto ai supereroi della Marvel quanto ai mostri dei bestiari medievali, i mutanti del fumetto di Debeurme sono elfi ragazzini con i quali l’autore ribalta una figura costante del fantasy ormai dominante e omologante: l’elfo appunto. Debeurme si ricollega così al suo notevole dittico Lucille e René (Coconino press) dove già erano portanti i temi della solitudine dell’adolescenza o dell’infanzia rubata. Extraterrestri della Terra stessa, si rivelano il punto evolutivo di una specie rinnovata o del tutto nuova, panteistica e insieme transgender, frutto della vendetta (umanistica) della “madre Terra”: questo sono gli epiphanici. Le vie della redenzione passano attraverso quelle spirituali di un pianeta offeso. Quest’opera metaforica e allegorica che tratta di mutanti arrivati (apparentemente) dal cielo è essa stessa opera mutante. Fantascienza e fantastico, fumetto seriale e autoriale, trash e classicismo, postmoderno e arcaismo sono qui mutati in una cosa sola.

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Questo articolo è uscito sul numero 1410 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati