Ah, il presente, che angoscia. Ti si affolla intorno, ce l’hai sempre incollato addosso, non ti permette mai, se non metaforicamente, di fare qualche passo indietro. Per tirare avanti facciamo finta di niente, ci sentiamo preveggenti. Ma la nostra lungimiranza, nelle attuali circostanze, è di cortissimo raggio, spesso non riusciamo ad andare oltre i cinque minuti, oltre la soglia di casa. Sicché ci affidiamo alle prescrizioni del momento. La prescrizione fondamentale è aver fede. Aver fede nell’Europa e pazienza se l’Europa fa di tutto per risultare inaffidabile. Aver fede nella scienza e pazienza se fede e scienza fanno a pugni. Aver fede nel sistema dei colori e pazienza se ormai col rosso il cittadino dissennato fa esattamente quello che faceva col giallo e comunque il bollettino dei morti toglie il fiato. Aver fede nella logistica del generale Figliuolo e pazienza se le regioni sono tanto più indisciplinate quanto più sono inefficienti, sicché il generale dovrebbe ricorrere alla fucilazione per venirne a capo. Aver fede soprattutto nel fatto che Draghi è la nostra ultima opportunità. Se da Supermario lo riduciamo, come sta pericolosamente accadendo, a Mario, senza credere più che, se “visione” era una parola magica, “pragmatismo” lo è ancora di più, tanto che oggi tutti vogliono essere pragmatici, signori, non ci resta che chiudere la baracca, riporre i burattini.

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Questo articolo è uscito sul numero 1402 di Internazionale, a pagina 16. Compra questo numero | Abbonati