Quando nasce un bambino ci si aspetta una condivisione di immagini che documentano nascita, somiglianze, prime conquiste. Da neogenitori siamo preoccupati del rischio di deepfake pornografici. Quanto è frequente questo fenomeno? –Ilenia e Angelo
Una volta si temeva il malocchio se si mostrava il neonato troppo presto, oggi ci preoccupiamo dei deepfake pornografici. I tempi cambiano ma le ansie restano. Il rischio che le immagini di figli piccoli siano usate in ambiti inquietanti come la pornografia sintetica esiste, ma è ancora circoscritto. Secondo una ricerca pubblicata da Euronews un anno e mezzo fa, anche se il 98 per cento dei video falsi online sono di natura pornografica e non consensuale, il 99 per cento delle vittime sono donne adulte. Tra i crimini digitali restano molto più diffusi i furti d’identità a scopo di truffa o la raccolta illegale di dati fatta dai social media. Poi ci sono implicazioni più sottili, ma sempre importanti: come crescerà una persona che ha avuto un’identità digitale prima ancora di parlare? Che effetto fa scoprire di avere mille foto pubbliche prima di aver scelto chi si vuole essere? Non si tratta di demonizzare i social media né di vivere nel terrore digitale. Ma nemmeno di pubblicare ogni ruttino con hashtag teneroni. Esistono vie di mezzo: per esempio profili privati o foto che non mostrano il volto. La tentazione di condividere le immagini dei figli è naturale, specie quando si è fieri, emozionati, insonni e ci abbiamo riempito la memoria del telefono. Ma proteggerli viene prima. Anche se significa non postare ogni ricordo.
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Questo articolo è uscito sul numero 1617 di Internazionale, a pagina 14. Compra questo numero | Abbonati