Ho sognato una conversazione con persone con cui scrivevo sulla rivista Mucchio Selvaggio fino a una decina di anni fa. Si discuteva se il senso della critica musicale o di una rubrica come questa fosse quello di tracciare delle grandi tendenze in corso o di focalizzarsi su un singolo lavoro, se fosse da preferire un approccio macroscopico orientato alla storia o uno microscopico legato all’estetica. Il sogno è finito senza una soluzione, molto spesso è l’opera in sé a chiedere un determinato approccio. Ed è vero che nel tempo si delineano delle tendenze inevitabili rispetto a quanto succede nel mondo, in cui il proprio gusto collassa o rinasce in base a una pressione inaspettata. Nel 2020 alcuni sound artist, appassionati di musica e dj sparsi tra la Palestina, la Giordania e il Libano hanno fondato Radio Alhara, una radio online oggi legata al centro culturale Wonder Cabinet a Betlemme, che propone selezioni e maratone curatissime in cui rintoccano spesso, ma non necessariamente, suoni e visioni legati all’autodeterminazione dei popoli, innanzitutto quello palestinese. È questa l’idea motrice: far sì che gli ascoltatori sparsi per il mondo possano informarsi e diffondere cosa succede in Palestina. Tra gli artisti italiani nella rete, oltre a Mai Mai Mai, dal 27 maggio si può recuperare una playlist di Luca Bevacqua legata all’installazione Italia all’asta di Luciano Fabro e dedicata all’elettronica di artisti partiti da qui, tra cui Donato Dozzy, Alessandro Contini e Marta De Pascalis. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1616 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati