La parvenza di elezioni che si è svolta il 6 ottobre 2024 in Tunisia mostra che i leader africani hanno la memoria corta. Altrimenti, nel paese che è stato la culla delle primavere arabe, il presidente Kais Saied non avrebbe sfidato la sorte.
A 66 anni, per ottenere il suo secondo mandato ha usato i metodi tipici dei dittatori. Ha chiuso lo spazio sociopolitico e si è concesso il lusso di scegliere i suoi avversari. Ha approfittato della rassegnazione della popolazione, stanca di lottare, e sul silenzio della comunità internazionale, che non può più dare lezioni a nessuno, per organizzare un plebiscito: secondo i risultati provvisori, ha ottenuto il 90,7 per cento dei voti, ma espresso da meno del 30 per cento degli elettori (circa 2,7 milioni di persone). Ecco perché è un risultato ingannevole e che non sarà molto utile a Saied quando la popolazione deciderà di ribellarsi e di riprendere in mano la rivoluzione per cui aveva tanto combattuto.
Saied e i suoi sostenitori non possono dirsi fieri dei risultati. I dati rivelano piuttosto il fatto che il presidente è diventato un peso per i tunisini, che cominciano a chiedersi come sbarazzarsene. Ma farlo non sarà facile perché Saied, per nulla preoccupato della sua reputazione, non si è fatto scrupoli a infrangere le regole del gioco o a piegare le istituzioni ai suoi fini. È un presidente che fa imprigionare i suoi avversari e impedisce ai loro sostenitori di protestare, che si rifiuta di ammettere i suoi fallimenti economici, e usa come capro espiatorio gli immigrati subsahariani.
Male diffuso
Kais Saied non è l’unico con tutti questi difetti. Nel nostro mondo in crisi, l’autoritarismo accomuna tanti dirigenti africani. La rielezione di Saied non ha sorpreso nessuno, come non aveva sorpreso nessuno quella di Mahamat Idriss Déby in Ciad. Lo stesso succederà probabilmente in Gabon, Guinea, Mali, Niger e Burkina Faso, dove i leader golpisti in carica si faranno riconfermare in elezioni dal risultato prestabilito.
La cosa peggiore è che nessuno può protestare. Oppositori e mezzi d’informazione sono alla mercé di Saied. Non ci si aspetta che Russia e Cina intervengano, e anche Stati Uniti e Francia hanno imparato a essere realisti. Così muoiono le speranze dei giovani del continente. ◆ fsi
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Questo articolo è uscito sul numero 1584 di Internazionale, a pagina 28. Compra questo numero | Abbonati